Brigatisti, la Francia frena sull'estradizione: «Se ne riparla a gennaio»

Brigatisti, la Francia frena: «Se ne riparla a gennaio»
di Cristiana Mangani
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Mercoledì 29 Settembre 2021, 22:42 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 09:40

Quando ad aprile la Francia ha dato l’ok al rientro in Italia degli ex brigatisti che avevano trovato rifugio a Parigi e dintorni, la decisione è stata definita di portata storica. Con il passare delle ore, però, sono emerse tutte le difficoltà che il dossier avrebbe incontrato tra giudici e burocrazia. E ieri, la previsione, puntualmente, si è avverata. La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi, che si è riunita per valutare le richieste della difesa dei 10 ex terroristi che avevano sollevato questioni preliminari di costituzionalità, ha deciso di rinviare tutto al 12 gennaio 2022. Ancora tre mesi e mezzo per studiare il caso, ma, in contemporanea, per ottenere dall’Italia un supplemento di informazioni sulle domande di estradizione, così come sollecitato dalla procura e dalle difese. La giudice, infatti, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata dagli avvocati, che contestavano in particolare lo status dell’avvocato che rappresenta lo stato italiano, William Julié, che poteva intervenire nel corso delle udienze ma che non prendeva parte alla procedura. Ma ha confermato la carenza di informazioni nella documentazione italiana. «Un dato che sorprende - ha affermato l’avvocata Irene Terrel, che assiste sei dei nove ex terroristi fermati a fine aprile - soprattutto per il tempo che lo Stato italiano ha avuto a disposizione per preparare i dossier». Secondo la procura e la difesa, il ministero della Giustizia nel raccogliere gli elementi contro gli ex br «ha violato l’articolo 12 della procedura europea di estradizione».

Convenzione europea 

Un articolo della Convenzione europea firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 e che prevede, in particolare, l’originale o la copia autentica sia della sentenza di condanna esecutiva sia del mandato di cattura o di qualsiasi altro atto avente la stessa efficacia; una esposizione dei fatti per i quali l’estradizione viene richiesta. Il tempo e il luogo della loro consumazione, la loro qualificazione giuridica e i riferimenti alle disposizioni di legge loro applicabili saranno indicati con la massima possibile esattezza. Insomma, cose parecchio scontate e note.
Dopo anni di lavoro, di ricerca di informazioni e di strategia da adottare, quanto inviato dal ministero della Giustizia non ha dunque soddisfatto la giudice francese, titolare del caso.

Terrel ha poi ammesso che era prevedibile da parte del magistrato «il non accoglimento della richiesta dei legali. Ammettendo in precedenza l’intervento dell’avvocato che rappresenta lo Stato italiano - ha aggiunto - era prevedibile che non si sarebbe ricreduto». Gli elementi sollevati in aula si fanno ancora più complessi se si pensa che ogni posizione degli ex br è diversa, ognuno fa caso a sé. Ieri erano assenti all’udienza per malattia Sergio Tornaghi e Giorgio Pietrostefani. Per quest’ultimo, l’avvocata Terrel ha fatto presente che si trova ancora in ospedale e che le sue condizioni sono gravi. Tanto che la giudice ha deciso di stralciare la sua posizione rinviando al 5 gennaio l’udienza nei suoi confronti. Mercoledì 6 ottobre, invece, è stato convocato Maurizio Di Marzio, arrestato a Parigi il 19 luglio e per il quale è scattata la prescrizione lo scorso 10 maggio. Si «è estinta» sempre per prescrizione anche la pena di 16 anni e 11 mesi che avrebbe dovuto espiare Luigi Bergamin, 73 anni, ex militante dei Proletari armati per il comunismo. E l’elenco di “rimpatri difficili” potrebbe allungarsi ancora.

 

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Tempi lunghi

Ora l’Italia, come richiesto dalla Corte, ha tempo fino al 5 dicembre per fornire il supplemento di informazioni. E questo conferma come, sostanzialmente, il tema sia ancora la procedura di estradizione. Non appena i dossier verranno completati, o almeno la giudice li riterrà completi, passerà a valutare le posizioni caso per caso, con il rito tradizionale. Si potrà arrivare fino al ricorso in Cassazione. E alla fine, toccherà al primo ministro firmare un decreto di estradizione, che però potrà essere a sua volta impugnato per un ricorso amministrativo davanti al Consiglio di stato. Insomma, una strada ancora molto lunga.

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