Brexit, May chiede un nuovo rinvio e apre a Corbyn: «Definiamo piano comune»

Brexit, May apre a Corbyn: «Definiamo un piano comune per uscire dall'Ue»
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Martedì 2 Aprile 2019, 19:34 - Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 20:39

Theresa May si arrende e apre le porte a una Brexit soft. La svolta arriva sull'orlo del baratro, con una Gran Bretagna a rischio caos e il sistema politico allo sbando, paralizzato da veti e bocciature incrociate. E arriva con un discorso al Paese nel quale la premier Tory annuncia la disponibilità, in extremis, a un compromesso faccia a faccia con il leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn, nonché l'imminente richiesta di un'ulteriore slittamento dell'uscita dall'Ue: seppure limitato dal 12 aprile al 22 maggio per evitare di costringere il Regno al paradosso di dover partecipare alle prossime elezioni europee tre anni dopo il referendum 2016 pro Leave; e i 27 al timore di doverne subire le fibrillazioni. Il parto è stato lungo e doloroso, suggellato da una riunione di governo maratona durata oltre sette ore.

Ma alla fine la signora di Downing Street ha preso una decisione, anche a costo di intervenire con un taglio netto sulle divisioni interne alla sua compagine tra brexiteer pronti a sfidare la sorte di un no deal il 12 aprile e moderati decisi a impedirlo in ogni modo o quasi. «Ho sempre creduto che avremmo potuto fare di un no deal un successo, a lungo termine», ha premesso May per dare un contentino ai primi. Non senza aggiungere subito dopo di ritenere che «uscire con un accordo» resti però «la migliore soluzione». Una strada che non passa più attraverso l'azzardo di ripresentare una quarta volta il testo dell'intesa da lei raggiunta con Bruxelles a novembre e bocciata tre volte a Westmister.

«Per rompere l'impasse - ha annunciato la premier rivolgendosi dagli schermi tv alla nazione al termine del consiglio dei ministri fiume - offro al leader dell'opposizione di sedersi con me per cercare di condividere un piano, al quale saremo entrambi vincolati, che ci assicuri di lasciare l'Unione Europea con un accordo». Un processo per il quale ci sarà «bisogno di un'ulteriore estensione dell'articolo 50 che sia la più breve possibile», ha proseguito, puntualizzando come occorra «essere chiari su ciò per cui l'estensione serve: assicurare un'uscita tempestiva e ordinata» dall'Unione.

«Questo dibattito, questa divisione, non possono trascinarci oltre», ha ammesso d'altronde la premier, appellandosi finalmente «all'unità nazionale per realizzare l'interesse nazionale». Corbyn, parlando subito dopo la May, si è detto «molto felice» di incontrarla, raccogliendo quindi la mano tesa. Ma il compromesso dovrà essere raggiunto in tempo utile per consentire al Parlamento britannico di approvare una legge ad hoc «entro il 22 maggio, in modo che il Regno Unito non partecipi alle elezioni europee», ha chiarito la premier, indicando su questo una scadenza netta. Sul contenuto del patto è rimasta invece inevitabilmente sul vago, limitandosi per ora a evidenziare che l'intesa di divorzio già sottoscritta con Bruxelles andrà accettata così com'è.

E che il negoziato con il Labour si concentrerà sulla modifica della dichiarazione allegata sulle relazioni future con i 27. Ha inoltre aggiunto che, se «un approccio comune non dovesse essere trovato» nel confronto con Corbyn, sia il governo sia la leadership dell'opposizione dovranno impegnarsi ad accettare l'indicazione preferenziale destinata a emergere da una serie di nuovi voti sulle opzioni possibili da mettere in calendario ai Comuni «la settimana prossima» in caso di necessità.

L'indicazione sul più plausibile punto di caduta del dialogo May-Corbyn arriva del resto dal risultato dei voti indicativi già espressi ieri sera a Westminster. Segnati dalla bocciatura di tutte e quattro le soluzioni suggerite, ma con un chiaro vantaggio, anche in termini di incremento potenziale dei consensi fra i deputati Conservatori non oltranzisti, di quella che prevede una Brexit 'annacquatà dalla permanenza britannica nell'unione doganale: idea ispirata a uno dei punti cruciali del piano B evocato da tempo dal leader laburista, ma promossa nell'ultima versione da un veterano Tory moderato, Ken Clarke.

Un'opzione su cui per di più anche Bruxelles appare pronta a discutere rapidamente, come ha lasciato intendere Michel Barnier.

Convinto che il tempo sia ormai agli sgoccioli e che una proroga ulteriore a Londra possa essere concessa solo a patto che l'Unione «non rimanga a lungo ostaggio» delle convulsioni politiche d'oltremanica, secondo il monito lanciato proprio oggi dal presidente francese, Emmanuel Macron, a margine d'un incontro all'Eliseo col preoccupatissimo premier irlandese, Leo Varadkar. Ma che in fondo ci sia ancora qualche giorno, e qualche briciolo «di pazienza», da spendere.

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