ASSIA A RISCHIO
A rischio c'è adesso il controllo dell'Assia, il Land di Wiesbaden e Francoforte, dove si voterà il 28 ottobre. Unica consolazione per Angela: l'umiliazione del coriaceo rivale interno, Seehofer, arrivato al capolinea. Seconda lezione: l'alleanza con l'SPD, dimezzato in Baviera, non è più garanzia di stabilità per il governo federale, sia per i numeri che mancano, sia perché il patto con la CDU ha contribuito alla sconfitta e ora l'SPD ripenserà la sua politica di GroKo, Grosse Koalition.
Per dirla con Sandro Gozi, ex sottosegretario italiano all'Europa: «La socialdemocrazia tradizionale è morta. Dobbiamo trovare nuove vie radicalmente alternative per vincere la sfida contro la conservazione e il neonazionalismo». Terza lezione: la Baviera produce quasi un quinto del PIL tedesco, avendo una disoccupazione al 3.2 per cento e tutti gli indicatori economici al top delle statistiche europee. È la prova che non basta governare bene e la gestione politicamente fallimentare dell'emergenza migranti con l'apertura delle frontiere nel 2015-16 e la maldestra (letteralmente) retromarcia verso la linea dura pur di rincorrere i populisti dell'AFD, è stata un'operazione a perdere.
È sfuggita la dimensione emotiva anti-migranti così come quella, inversa, dei settori cristiani a favore dell'accoglienza. Fallimento che si potrebbe riproporre in Europa. L'estrema destra vede nell'affermazione dei Liberi Pensatori, lista civica di professionisti di stampo conservatore localista, un freno al suo pieno successo. È possibile, ma comunque l'AFD entra per la prima volta nell'assemblea bavarese partendo da zero, e non sfonda solo per la concorrenza delle liste civiche e di quella dei Verdi di Katarina.
Il pericolo populista di destra, per la Merkel, è tutt'altro che scongiurato anche se i cristiano-sociali sono riusciti in qualche modo a arginare il tracollo. La linea di galleggiamento per Seehofer e il premier Markus Soeder era stata da entrambi individuata nel 33 per cento. Sotto, si sarebbe parlato subito di dimissioni. Sopra, di «risultato doloroso» ma di partito che si conferma primo, e di governo per il quale cercare alleati. La soluzione logica è nei numeri, grazie alla vittoria dei Liberi Pensatori e al 5% non esaltante che però consente ai liberali dell'FDP di entrare con seggi. Insieme alla CSU, questi partiti totalizzerebbero quasi quanto CSU e Verdi coalizzati, senza tormentate trattative con Katarina (che si è detta pronta a governare).
LE ALTERNATIVE
Per quanto riguarda le conseguenze in Europa, queste elezioni confermano le più nere preoccupazioni dei partiti maggiori nell'Europarlamento e nella Commissione. Popolari europei e Socialisti, anche alleandosi, rischiano di non avere più la maggioranza, o almeno di non averla più con numeri tali da governare facilmente sia il Parlamento, sia la Commissione.
Quindi restano due alternative: che i popolari trovino altri alleati fra i populisti non anti-europei, oppure che populisti, sovranisti e altri ribellisti formino insieme una maggioranza analoga a quella che in Italia ha fatto irruzione con Lega e 5 Stelle nella stanza dei bottoni. Con un passaggio in più, nella UE: la rivoluzione si compirà soltanto quando cambieranno gli equilibri nel Consiglio Europeo, dove siedono i capi di governo. L'Unione non è una Federazione, ma un organismo guidato da un direttorio inter-governativo. La linea cambia, se cambiano i governi. È il progetto di Salvini.
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