Banche illegali cinesi, da Roma a Pechino così spariscono 300 milioni l'anno

Allarme dell’intelligence: «La criminalità sinica usa schemi di evasione e riciclaggio»

Banche illegali cinesi, da Roma a Pechino così spariscono 300 milioni l'anno
di Valeria Di Corrado
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Domenica 26 Marzo 2023, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 08:52

Banche clandestine, occultate in quelli che sembrano normali negozi cinesi, dove vengono portate valigette piene di contanti, provento di attività sia lecite che illecite. Nel primo caso questi soldi, dopo essere stati raccolti (spesso in nero) da imprenditori e commercianti, sfuggono al fisco e vengono spediti in Cina. Si parla di almeno 300 milioni di euro nascosti ai radar della Banca d’Italia, perché non tracciati dagli intermediari abilitati (come i money transfer). Nel secondo caso, invece, con questo sistema i ricavi della criminalità - frutto prevalentemente del narcotraffico - vengono riciclati e spostati virtualmente, all’interno e all’esterno dei confini nazionali, da una “filiale” all’altra. 

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Uno scenario che allarma anche la nostra intelligence. «In merito alla criminalità cinese - si legge nella relazione del 2022 elaborata dal “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica” - l’azione continua a essere orientata in direzione del dinamismo affaristico-criminale di spregiudicati imprenditori sinici che, anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti – sfruttando a proprio vantaggio opportunità offerte dal mercato e vulnerabilità sistemiche nazionali – a consolidare il loro posizionamento all’interno di taluni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali». Si tratta di Prato (ormai una sorta di enclave cinese), Roma, Napoli e Milano.

La cartina di tornasole, che dimostra quanto sia consistente questo fiume sotterraneo di denaro non tracciato, viene proprio dai dati della Banca d’Italia: mentre le rimesse dei lavoratori pakistani, bengalesi e filippini verso i loro rispettivi Paesi sono aumentate negli ultimi 6 anni, quelle dei cinesi sono crollate da 237 milioni nel 2016 a 15 milioni nel 2022. E la crisi legata alla pandemia non c’entra nulla, perché già nel 2018-2019 era iniziata questa repentina flessione. Basti pensare che solo le rimesse da Roma sono passate da 1,4 milioni di euro nel 2012 a 732mila euro nel 2019.

LA BANCA DI FIRENZE

Il sistema illecito di trasferimento di denaro è stato svelato in primis dall’inchiesta della Procura fiorentina che lo scorso 15 marzo ha portato in carcere due cinesi, accusati di aver gestito una di queste banche clandestine - con sede a Firenze e filiale a Prato - che offriva ai connazionali servizi occulti di trasferimento di denaro in madrepatria dietro pagamento del 2,5% dell’importo e applicando tassi di cambio tra euro e yuan più sfavorevoli rispetto a quelli ufficiali, tanto da risultare «pienamente provata - si legge nell’ordinanza di arresto - una intensa, continuativa, quotidiana e inequivoca attività di raccolta di denaro». Sono 13 le persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività bancaria e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Tre i milioni di euro versati nel periodo delle indagini dai clienti «tutti imprenditori sinici operanti nel settore della pelletteria e dell’abbigliamento». Per piccoli importi gli indagati usavano le applicazioni cinesi «WeChat» e «Alipay», che consentono di spostare il denaro associando a un conto una o più carte di credito, dalle quali viene prelevato l’importo esatto ritirato. Per cifre più consistenti, i soldi sono anticipatamente versati sui conti correnti accesi in Cina da familiari dei clienti della banca clandestina, dopodiché il contante raccolto nel negozio viene prelevato da connazionali (detti «trasferitori») e portato fisicamente in madrepatria. Dalle intercettazioni della Guardia di Finanza di Firenze è emerso inoltre che nel periodo delle restrizioni alla circolazione legate al Covid, a causa della cancellazione dei voli, gli «spalloni» li trasportavano in auto o via container fuori dal confine italiano, per versarli presso banche estere dove la legislazione antiriciclaggio è meno stringente. 

PIAZZA VITTORIO A ROMA

Dopo 9 giorni dall’operazione di Firenze sono scattate altre 47 misure cautelari disposte dal gip del Tribunale di Roma, sulla base di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia che ha svelato l’esistenza di un’organizzazione criminale di matrice cinese dedita al traffico nazionale e internazionale di metamfetamine e allo sfruttamento della prostituzione, con una cellula “madre” a Prato e due cellule “satelliti”: una nella Capitale e una a Padova. Il denaro ricavato dallo spaccio di droghe sintetiche come lo shaboo, ha rivelato il primo collaboratore di giustizia cinese in Italia, «è trasferito su conti Alipay o WeChat e cambiato in moneta cinese, tramite negozianti che trattengono una piccola commissione». Il pusher “pentito” ha precisato che lui stesso contattava «un uomo che frequenta piazza Vittorio (la Chinatown di Roma, ndr) e che utilizza un furgone bianco». 

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