Anthony, dal fango della Nigeria all’American Ballet: la fiaba del ballerino scalzo

Anthony, dal fango della Nigeria all American Ballet: la fiaba del ballerino scalzo
di Francesca Pierantozzi
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Venerdì 4 Settembre 2020, 01:47 - Ultimo aggiornamento: 07:53

Anthony Mmesoma Madu ride quando lo chiamano il Billy Elliot della Nigeria. Non è stata la storia del ragazzino figlio di minatori che danza come l’elettricità a ispirarlo, anche se, come Billy nel film, ha 11 anni, come lui, quando balla fa trattenere il respiro, come lui può danzare dovunque, in un cortile di fango di Lagos, per esempio, sotto la pioggia, in costume, o su una terrazza in mezzo al cemento, e come Billy Elliot, la sorte gli ha dato una mano. 

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A fare sognare a occhi aperti Anthony per la prima volta è stato un cartone animato, e non proprio un classico da antologia, ma “Barbie e le dodici principesse danzanti”. «L’ho visto e ho detto a mia madre che anch’io volevo fare quello, volevo danzare», racconta e ri-racconta, a suo agio e sorridente davanti a microfoni e alle telecamere che lo cercano, adesso che è diventato una star, prima ancora di salire su una scena vera. Tutto è cominciato con un “compito a casa”, quando, a giugno, il suo professore di danza Daniel Ayala Owoseni gli ha chiesto di filmarsi durante gli esercizi. «E’ il metodo migliore per correggere i propri errori: riguardarsi», gli ripete sempre. Ayala lo sa bene. Lui che ha imparato a ballare guardando video e spezzoni di balletto su you tube. Anthony che balla, il suo coup de pied, le pirouette, le fouettés, l’arabesque danzati a piedi scalzi, in un cortile pieno di fango, una pila di cassette, come scenografia, la sua grazia quasi surreale, sorridente, non l’ha vista solo il suo prof, ma mezzo mondo. 

 



La scuola ha postato il video, che ha cominciato a girare, è finito sul profilo dell’attrice Viola Davis («la bellezza della mia gente, ha scritto, creiamo, ci alziamo in volo…») e su quello di Cynthia Harvey, direttrice artistica della School of Dance di New York. Anthony che balla lo hanno visto in più di venti milioni e alla fine l’ha visto anche l’American Ballet Theatre di New York, che gli ha offerto un posto nella scuola e una borsa di studio: «Quando è squillato il telefono e mi hanno detto che avevo una borsa di studio per andare negli Stati Uniti nel 2021 ho pensato: ‘ma allora Dio può davvero esaudire i desideri!’. Io lo sapevo però: il balletto è difficile, ma se ti impegni e lavori tanto, ce la farai».

Anthony non sa ancora quando partirà. Per il momento l’America Ballet gli ha preparato un programma che segue a distanza, come tanti suoi giovani compagni anche negli Usa. Ha già cominciato a lavorare ogni giorno, fine settimana compreso, in alcuni casi adattandosi anche al fuso orario americano. In attesa di potersi spostare, forse la prossima estate. I genitori non l’hanno mai ostacolato, anche se, ha rivelato ridendo Anthony, il loro sogno era che diventasse prete. Quando, nel 2017, Ayala ha aperto la sua scuola, la Leap of Dance Academy – locali spartani, ma colorati, dietro un cancellone di ferro in una strada polverosa di Lagos - ha dovuto faticare non poco a convincere i genitori a iscrivere i figli: «Dovevo spiegare che la danza classica non è una danza indecente, che non sono movimenti scandalosi, che non c‘è niente di male a ballare, né per le femmine, né per i maschi, al contrario, che è un’arte che richiede tanto lavoro e disciplina e che può avere un effetto positivo sui loro bambini, al di là della scuola. L’ho sempre detto io: non è per la danza in sé, ma per i valori che trasmette il suo insegnamento». Ayala ci crede talmente che non si è mai fatto pagare delle vere e proprie rette. 

Grazie alle piroette di Anthony, problemi di soldi non ce ne saranno più: donazioni sono arrivate da mezzo mondo. La scuola diventerà una vera Accademia, e potrà offrire anche alloggi agli studenti. «Per prendere le lezioni alcuni devono camminare più di un’ora, adesso potremmo offrire un posto dove restare», ha detto Ayala, senza nascondere l’orgoglio: «Quante volte mi sono sentito dire che questa scuola non era una buona cosa per i bambini, che li portava lontano da Dio, che non era una cosa per noi, perché siamo neri, poveri, che non saremmo mai diventati professionisti; e invece abbiamo continuato, perché abbiamo la passione». Anche Anthony ormai vola più in alto. «Quando ballo mi sento in cima il mondo – ha detto pochi giorni fa all’agenzia Reuters – E pensare che i miei amici mi prendevano in giro, dicevano che facevo un ballo straniero da femmina».
 

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