Scatta il Bacardi Sound of sea project per ascoltare la musica del mare e salvare la barriera corallina

Scatta il Bacardi Sound of sea project per ascoltare la musica del mare e salvare la barriera corallina
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Martedì 27 Agosto 2019, 21:50
La barriera corallina, fondamenta dell’arcipelago della Maldive, sta morendo. Secondo gli studi condotti dal Centro di Eccellenza dell’Università Milano Bicocca, Marhe Center, in alcune zone il tasso di mortalità dei coralli ha raggiunto valori del 60%, arrivando in alcuni casi al 100%. La causa? L’innalzamento della temperatura degli oceani, con picchi come quello di aprile-maggio 2016, quando si è registrato un maxi evento di sbiancamento dei coralli. Per contribuire a dare una risposta a questa emergenza viene lanciato il Bacardi Sound of sea project, un innovativo progetto in sinergia con il Marhe, per “ascoltare il suono del mare” delle Maldive e capire così dove intervenire con più urgenza per la salvaguardia della barriera corallina.




“Nel Dna di Bacardi scorre una passione a 360° gradi per tutto ciò che è musica, il cosiddetto Sound of Rum. Il nostro motto è proprio Segui il tuo ritmo e per questo abbiamo voluto lanciare un progetto che avrà l’obiettivo di ascoltare «the sound of sea», ovvero «il suono del mare», uno straordinario rivelatore del suo stato di salute – afferma Luca Marroni, brand manager Bacardi – Il Sound of Sea project è un ulteriore tassello al nostro impegno per un mondo più sostenibile: come official sponsor del Jova Beach Party, il più importante evento musicale italiano che ha fatto della sostenibilità la propria bandiera, serviremo i nostri Mojito in bicchieri compostabili e utilizzeremo cannucce edibili riducendo così il consumo di plastica. Inoltre, per ogni cocktail venduto, una parte del ricavato sarà destinata al sostegno del progetto messo in atto insieme al Marhe Center Maldive dell’Università Milano Bicocca”.




Era il 1956 quando Jacques-Yves Cousteau realizzava il documento “Il mondo del silenzio”: secondo l’esploratore e oceanografo francese il mare “è un immenso deserto, dove però l’uomo non è mai solo perché sente la vita muoversi da ogni parte”. A quell’epoca lo studioso parlava di un ascolto metaforico. Oggi, grazie all’evoluzione tecnologica e all’invenzione degli idrofoni marini, lo studio del paesaggio sonoro è uno strumento all’avanguardia per comprendere lo stato di salute dei mari. Un metodo innovativo che oggi può rivelarsi fondamentale per contrastare i segnali allarmanti che provengono dai mari di tutto il mondo. Basti pensare che, secondo uno studio pubblicato nel 2018 sulla prestigiosa rivista Nature, nel 2016 a causa dell’innalzamento della temperatura, in un arco di tempo di 8 mesi, il 50,3% della Grande Barriera Corallina australiana è morta, mentre la restante parte è risultata fortemente compromessa. La barriera corallina è, come dice lo stesso nome, un ostacolo fondamentale ai rischi di erosione e allagamento delle coste.




“Nell’acqua di mare, i segnali acustici viaggiano con maggiore efficienza rispetto ai segnali elettromagnetici e chimici e rappresentano il principale sistema di trasferimento delle comunicazioni. Ogni ambiente è caratterizzato da un paesaggio sonoro specifico – spiega il professor Paolo Galli, professore Ordinario di Ecologia presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio dell’Università di Milano Bicocca e direttore Marhe Center Maldive –. Grazie al Sound of sea project potremo fare degli importanti passi avanti nella raccolta dei suoni del mare delle Maldive e identificare così le zone maggiormente degradate che potranno essere soggette ad un’azione di coral restoration, ovvero di ripristino della barriera corallina”.




Negli ecosistemi marini, diversi studi hanno sottolineato l’importanza dell’ambiente acustico per fornire informazioni sulla qualità e il tipo di habitat delle specie. Il paesaggio sonoro include suoni prodotti da attività biotiche, abiotiche e antropogeniche. Nelle acque basse marine, le biofonie sono prodotte da pesci, invertebrati e mammiferi marini, principalmente per scopi comunicativi, ma anche come sottoprodotti involontari di altre attività come i movimenti di nuoto, di pascolo o di guscio. I suoni abiotici nella zona costiera sono determinati da venti e onde. Infine, il rumore antropogenico è dovuto principalmente al traffico navale, che non genera un suono intenso, ma un inquinamento acustico di basse frequenze, costante nel tempo. Questo può portare a cambiamenti significativi negli habitat marini e negli animali, sia vertebrati che invertebrati, causando stress, distrazioni e il mascheramento di suoni importanti.




Il Bacardi Sound of sea project andrà a finanziare la borsa di studio annuale di uno dei ricercatori che saranno impegnati nell’ascolto del mare delle Maldive. Secondo la procedura sperimentata fino a questo momento, le registrazioni verranno eseguite per un periodo di circa 4-5 giorni. La raccolta dei dati sarà effettuata utilizzando un sistema di registrazione acustica mobile, grazie a idrofoni marini posizionati in diversi punti di campionamento, in zone degradate e non degradate, permettendo così ai ricercatori di identificare i segnali caratteristici emessi da un ambiente pulito e da uno inquinato. I risultati verranno presentati anche ad Expo 2020 Dubai.




Altre esperienze di ascolto del paesaggio sonoro sono già state condotte negli ultimi anni al Polo Nord e nelle Isole Fiji. Recentemente è stata costituita una task force di ricercatori del Cnr e delle Università Bicocca e del South Pacific con sede nell’arcipelago oceanico. Dai primi risultati si può affermare che le barriere coralline danneggiate a causa delle attività umane presentano un impoverimento della ricchezza dei suoni, soprattutto per quanto riguarda quelli dei crostacei e la diversificazione della tipologia di “cori” emessi dai pesci di barriera. Per quanto riguarda l’esperienza avuta al Polo Nord, si assiste ad un drastico cambiamento del paesaggio acustico marino causato dalla riduzione delle masse di ghiaccio per l’innalzamento delle temperature. La presenza di iceberg, infatti, è fonte di due tipologie di suoni: la prima molto intensa provocata dal distacco e dalla caduta di enormi masse dal fronte del ghiacciaio (ice calving), la seconda dovuta allo scioglimento lento e progressivo degli stessi iceberg (ice melting) che contengono numerosissime bolle di gas. I rumori prodotti dalle onde e dal vento vengono dunque sostituiti da scricchiolii e gemiti del ghiaccio che “respira”.




In generale, molto ancora resta da fare per decifrare tutti i linguaggio del mare, un mondo ancora in buona parte inesplorato.
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