Aids, la terapia innovativa contro l'Hiv: prima donna guarita grazie a un trapianto di sangue da un cordone ombelicale

Hiv, la terapia innovativa: prima donna guarita (grazie a un trapianto di sangue da un cordone ombelicale)
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Lunedì 21 Febbraio 2022, 11:22 - Ultimo aggiornamento: 14:46

Una donna americana è stata curata dall’Aids. La notizia è stata data alla conferenza di Denver, in Colorado, intitolata “I retrovirus e le infezioni opportunistiche”. Si tratta della terza persona al mondo, e della prima donna, che riceve un trattamento sperimentale per combattere l’infezione da Hiv. La terapia consiste in un trapianto di sangue del cordone ombelicale neonatale e di cellule staminali adulte. La malata è stata soprannominata “la paziente di New York: è stata trattata al New York-Presbyterian Weill Cornell Medical Center di New York City. La procedura utilizzata è rivoluzionaria. Il team della Weill Cornell ha identificato nel sangue del cordone ombelicale di un neonato un’anomalia genetica che lo rendeva resistente al virus Hiv e ne ha utilizzato le cellule per il trapianto. L’intervento è stato eseguito nel 2017. Successivamente, la paziente ha preso farmaci anti-rigetto e antivirali per 37 mesi, dopo i quali ha sospeso ogni terapia. Ora, a 14 mesi di distanza, non c’è traccia del virus nel suo sangue.

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I trapianti di cellule staminali

Gli altri due pazienti curati dall’Aids avevano ricevuto trapianti di cellule staminali adulte da donatori che presentavano la mutazione genica resistente all’infezione.

Nel primo caso, i medici avevano curato l’americano Timothy Ray Brown, che aveva ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore che presentava la rara anomalia genetica che garantisce alle cellule immunitarie di respingere l’infezione. Si tratta però di un metodo rischioso. La dottoressa Deborah Persaud, specialista in malattie infettive pediatriche presso la Johns Hopkins University School of Medicine, che presiede il comitato scientifico dietro il nuovo caso di studio, ha affermato che «il metodo di trattamento con cellule staminali non è ancora una strategia fattibile per tutti».

La dottoressa Yvonne J. Bryson, della David Geffen School of Medicine dell’UCLA, ha descritto il nuovo caso di studio martedì alla conferenza annuale sui retrovirus. Alla “paziente di New York”, sono state diagnosticate l’Hiv nel 2013 e la leucemia nel 2017. Il team ha cercato a lungo un donatore le cui cellule staminali fossero in grado di curare entrambe le patologie: serviva la presenza di un antigene leucocitario umano sufficientemente vicino a quello del paziente, e il donatore doveva anche presentare l'anomalia genetica che conferisce resistenza all’infezione da Hiv. La procedura utilizzata per curare la “paziente di New York” consente di ampliare le opzioni di trattamento: il primo step è un trapianto di sangue del cordone ombelicale, che contiene cellule staminali; il secondo step è un innesto più grande di cellule staminali adulte, che vengono progressivamente sostituite dai globuli del cordone ombelicale.

«Il ruolo delle cellule del donatore adulto è quello di accelerare il processo di attecchimento precoce e rendere il trapianto più facile e sicuro», ha affermato uno dei ricercatori. In questo caso, il neonato donatore presentava l’anomalia genetica in grado di combattere l’Hiv. «Stimiamo che ci siano circa 50 pazienti all’anno negli Stati Uniti che potrebbero trarre beneficio da questa procedura - ha detto il dottor Koen van Besien, responsabile del programma di trapianto di cellule staminali - La possibilità di utilizzare innesti di sangue del cordone ombelicale parzialmente abbinati aumenta notevolmente la probabilità di trovare donatori adatti».

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