Afghanistan, razzi ed elicotteri americani finiscono nelle mani dei talebani: ora i jihadisti sono più pericolosi

Afghanistan, razzi ed elicotteri americani finiscono nelle mani dei talebani: ora i jihadisti sono più pericolosi
di Cristiano Tinazzi
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Mercoledì 18 Agosto 2021, 22:34 - Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 09:58

Il rapido crollo dell’Esercito Nazionale Afghano (Ana), travolto dalle forze talebane, ha lasciato sul terreno una enorme quantità di mezzi, equipaggiamento hi-tech, armi e munizioni in buona parte di produzione statunitense. Le prime avvisaglie di questa debacle si erano già verificate a luglio, quando i distretti più lontani dalla capitale e i posti di confine erano caduti uno dietro l’altro nelle mani della guerriglia. Veicoli e armi di provenienza americana erano stati consegnati direttamente nelle mani dei talebani, quasi senza colpo ferire, dall’esercito afgano. Una investigazione fatta utilizzando fonti aperte in rete aveva permesso di fare una parziale stima del bottino di guerra talebano di luglio: circa settecento tra Humvee, camion, sistemi di artiglieria e mezzi corazzati.

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L’AEROPORTO
All’aeroporto di Kunduz, lo scorso otto agosto, gli jihadisti guidati dal mullah Habaitullah Akhundzada erano riusciti a saccheggiare centinaia di milioni di dollari tra droni, armi e veicoli corazzati, tra cui anche gli Mrap, gli enormi mezzi protetti contro gli ordigni improvvisati (Ied).

Durante la presa di Kandahar i talebani hanno preso possesso di due elicotteri UH-60 Blackhawk (probabilmente disabilitati dai piloti prima della fuga). Un funzionario della difesa statunitense, sotto condizione di anonimato, lunedì scorso ha confermato all’agenzia di stampa Associated Press che «è enorme» l’accaparramento da parte dei talebani di equipaggiamento militare fornito da Washington all’Ana.

Il presidente statunitense Joe Biden lo scorso quattordici di aprile aveva annunciato di voler posticipare, seppure di poco, il termine entro il quale gli Usa avrebbero dovuto ritirarsi dall’Afghanistan, spostando la data dal primo di maggio (già decisa dall’ex presidente Donald Trump) all’undici settembre, anniversario dell’attacco al World Trade Center. Questo nonostante i suoi analisti avessero dato quasi per certa la caduta di Kabul entro sei mesi. C’era però anche un altro problema da risolvere: garantire lo spostamento di circa settantamila ex collaboratori afghani, insieme alle loro famiglie, negli Usa. Non c’è stato il tempo.

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I COSTI
Gli Usa hanno speso in tutti questi anni circa ottantatré miliardi di dollari per creare un esercito locale e una forza di polizia efficienti. La Nato solo nel 2021 ha fornito settantadue milioni di dollari di forniture e attrezzature. L’ultima consegna è avvenuta lo scorso due agosto. Dal 2007, l’Alleanza Atlantica ha fornito 440 milioni di dollari di equipaggiamenti. I motivi di questo collasso saranno materiale di studio per i manuali militari negli anni a venire. Secondo l’ex ambasciatore americano a Kabul Ronald Neumann, intervistato dalla radio pubblica americana Npr, il modo in cui si è attuato il ritiro statunitense, l’esecuzione di quella decisione, «è stato un disastro assoluto dall’inizio alla fine. Avrebbero potuto prendere più tempo. Non avevano alcun piano su come sostenere i militari afgani che stavano lasciando... E abbiamo profondamente scioccato l’esercito afgano e il suo morale ritirandoci e togliendo la nostra copertura aerea».

Una stima del 2018 fatta sul parco mezzi dell’Ana, l’Esercito Nazionale Afgano, parlava di una dotazione di circa tredicimila Humvee su un totale di ventiseimila veicoli. Dall’inizio della guerra, nel 2001, sono stati circa venticinquemila i mezzi trasferiti su suolo afgano. Molti di questi, circa il sessanta per cento, sono oltre il loro stato di servizio e si è calcolato che mediamente si verificavano circa cento perdite a settimana nei periodi più intensi di combattimento. Per l’aviazione così come per i veicoli e le armi più sofisticate, serve una logistica in grado di mantenere tutto efficiente. E questo per i Talebani non è possibile. È improbabile inoltre che abbiano le conoscenze per far funzionare dispositivi tecnici sofisticati come le contromisure elettroniche. L’incognita rimane il Pakistan, che potrebbe fornire loro parte del supporto logistico e delle conoscenze tecniche.
 

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