Afghanistan, spari sulla folla e statue giù: ecco il vero volto dei Talebani

Afghanistan, spari sulla folla e statue giù: ecco il vero volto dei Talebani
di Giuseppe Scarpa
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Giovedì 19 Agosto 2021, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 06:52

Statue abbattute, spari indiscriminati sui civili, pennellate di vernice per coprire i volti femminili nei manifesti pubblicitari, il perimetro dell’aeroporto controllato per impedire, in molti casi, la fuga dal Paese. La maschera è caduta. Sono bastati 4 giorni perché il mondo potesse riconoscere l’autentico volto talebano. Un viso già conosciuto, come quello delle donne che nessuno può vedere, perché coperto da un burqa imposto con la violenza. Legittimato dalla Sharia che, come hanno detto ieri gli stessi talebani, sarà la legge fondamentale dello Stato che, quindi, non sarà democratico. La legge islamica non scritta che fa, dell’universo femminile delle cittadine di serie “z” e di chi critica o si oppone persone meritevoli di morte. In un simile contesto il console Tommaso Claudi, rimasto nella capitale afghana per gestire le operazioni di rientro a Roma, lancia l’allarme: «Abbiamo evidenza di 20 connazionali» da rimpatriare che si trovano «non solo a Kabul ma anche in altre province». 

I fondamentalisti, per astuto pragmatismo politico nel contesto internazionale, cercano di dissimulare, di dare un’immagine nuova. L’esempio è l’intervista, andata in onda nella tv pubblica, della giornalista afgana Beheshta Arghand a un portavoce talebano. Si è trattato di uno spot ad uso e consumo degli occidentali per comunicare che «loro, i talebani, non sono così integralisti come lo erano vent’anni fa».

Un’operazione che forse ha convinto qualcuno in Europa o negli Usa ma non gli stessi afgani che in migliaia spingono sull’aeroporto Internazionale Hamid Karzai (Kabul) per cercare di entrare, imbarcarsi su un aereo e scappare lontano dal nuovo “Emirato islamico”. La risposta dei fondamentalisti sono però le pallottole esplose contro i civili che si accalcano.

Come ha riferito la Cnn «ci sono combattenti tutto intorno allo scalo, li abbiamo visti fisicamente cercare di riportare indietro le persone. Li abbiamo visti e sentiti sparare sulla folla per disperderla». L’inviata dell’emittente americana ha raccontato ancora che «non stanno mirando alle persone, non stanno cercando di uccidere le persone, ma ovviamente, volenti o nolenti, quando c’è un mucchio di civili per strada e di veicoli, la gente si fa male». In totale si sono registrati 17 feriti. 

Intanto all’interno dello scalo il console Claudi, e il suo staff lavorano duro per permettere il rientro a Roma di quegli afghani che hanno collaborato con Difesa ed Esteri. I fortunati che superano il controllo esterno dei talebani, se inseriti nella lista italiana, vengono imbarcati. Ieri si stavano predisponendo diversi voli per 600 persone. «Stiamo assistendo ad una grande tragedia umanitaria - ha detto Claudi - e stiamo dando il massimo mettendoci tutto il cuore e la professionalità di cui siamo capaci». «Abbiamo purtroppo dovuto assistere a scene drammatiche» ma «siamo riusciti in condizioni di assoluta emergenza a riportare a casa i nostri connazionali e alcuni collaboratori locali». 

A Jalalabad si spara

A Jalalabad invece si spara sulla folla. Sarebbero 3 i morti durante le proteste contro i talebani. Ma le vittime forse sono di più, si parla di 34 persone, ma non c’è la certezza a riguardo. Sky TG24 ha citato una testimonianza: «Oggi il popolo che abita nella provincia afgana chiamata Nangarhar (di cui Jalalabad è il capoluogo) è uscito in strada con le vecchie bandiere dell’Afghanistan. Per fermarli, i talebani hanno sparato e ammazzato trentacinque persone». Nel nuovo Afghanistan non è solo il sangue a scorrere. Vengono decapitate anche le statue, proprio come accadeva 20 anni fa. È un incubo che si riaffaccia a Bamiyan, lì dove a marzo del 2001 vennero distrutti i due monumentali Buddha, questa volta i miliziani hanno abbattuto la statua di Abdul Ali Mazariun eroe sciita anti talebano. In un simile clima lo stato d’animo che attraversa il Paese è il terrore. 

Perciò a Kabul, prima di domenica, giorno dell’ingresso dei nuovi padroni del Paese, in molti hanno deciso di prevenire ogni tipo di reazione violenta. E conoscendo bene le regole seguite dai fondamentalisti sono stati cancellati con la vernice i poster che raffiguravano alcune donne in abiti da sposa fuori da un negozio. Una foto pubblicata su diversi giornali immortala la scena: un imbianchino al lavoro per coprire con numerose pennellate quei volti femminili ed evitare ritorsioni da parte delle milizie islamiche. Un’immagine simbolo che anticipava il volere della nuova classe dirigente che ha conquistato il Paese.
 

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