Usa, accusato di omicidio trascorre 45 anni in carcere, ma è innocente: lo Stato nega il risarcimento

Usa, accusato di omicidio trascorre 45 anni in carcere, ma è innocente: lo Stato nega il risarcimento
di Federica Macagnone
3 Minuti di Lettura
Lunedì 21 Gennaio 2019, 21:56
Condannato all'ergastolo per un omicidio che non aveva mai commesso e sbattuto in galera a 26 anni come il peggiore dei criminali, senza speranza alcuna di riabbracciare da uomo libero la moglie e i due figli. Una vita spezzata, un futuro negato, il rischio di impazzire dietro l'angolo. Invece Richard Phillips, giorno dopo giorno, per 45 anni è riuscito a trovare un motivo per vivere rifugiandosi nella pittura, nei colori vivaci che metteva sulla tela, nella luce che pervadeva i suoi quadri. E quando ormai da tempo era rassegnato a morire in cella, a 73 anni i colori e la luce sono entrati anche nella sua vita: grazie a un'inchiesta condotta dagli studenti di giurisprudenza dell'Università del Michigan e dall'ufficio del procuratore della Contea di Wayne, che hanno riaperto il suo caso, nel 2017 è stato riconosciuto innocente e scarcerato.

Ora, in base alle leggi del Michigan, vista l'ingiustizia subita, avrebbe diritto a un risarcimento di oltre due milioni di dollari che gli consentirebbero di trascorrere serenamente gli ultimi anni della sua vita. Lo Stato, però, sta facendo opposizione e lui si ritrova a vivere in una condizione di povertà, con meno di 600 dollari al mese tra buoni pasto e sussidi sociali, tanto da dover mettere in vendita i suoi acquerelli dipinti in carcere: quei quadri sono tutto quello che ha, per lui sono importantissimi dal punto di vista affettivo, ma non ha scelta, vista la sua disperata necessità di denaro. E venerdì scorso ha esposto i primi 50 dei suoi 400 lavori in una galleria di Detroit.
"Anche se sono sempre stato un detenuto modello, in realtà non pensavo che sarei mai stato di nuovo libero - dice Richard - Questi quadri sono ciò che ho realizzato per riuscire a restare sano di mente. L'arte mi ha salvato la vita. Compravo pennelli e colori con i soldi che guadagnavo vendendo biglietti di auguri fatti a mano per altri detenuti e dipingevo in continuazione, imponendomi una rigida disciplina. Certo, la direzione del carcere non mi consentiva di tenerli tutti con me, quindi, dopo averli realizzati, li spedivo a un'amica pregandola di conservarli. Quando mi hanno scarcerato e sono andato a trovarla mi sono commosso vedendo che li aveva conservati tutti per decenni: tutti quei quadri è come se fossero figli miei. Ora devo venderli, ma non ho scelta, se non voglio finire all'angolo della strada a chiedere l'elemosina: sono troppo vecchio per trovare un lavoro". 


Nella primavera del 1972 Richard era in prigione per aver commesso una rapina a mano armata quando la polizia di Detroit gli comunicò che era stato messo sotto accusa per l'omicidio del cognato di un uomo che lui aveva conosciuto casualmente: "Un tizio con cui mi ero imbattuto in passato, Fred Mitchell, raccontò ai detective che io e un certo Richard Palombo avevamo assassinato suo cognato, Gregory Harris, nell'estate del 1971". Basandosi su questa testimonianza, sia Phillips che Palombo furono dichiarati colpevoli di omicidio di primo grado il 26 giugno 1971 e condannati nell'ottobre del 1972 all'ergastolo. Per anni Phillips ha sostenuto che erano stati Mitchell (che in seguito è morto) e Palombo a uccidere Harris, ma nessuno gli ha mai creduto. Solo ora la nuova inchiesta ha appurato cosa era realmente accaduto. Mentre Mitchell era in prigione, suo cognato Harris aveva rubato del denaro a sua madre: una volta uscito, per vendetta Mitchell uccise Harris, accusando poi Phillips e Palumbo.

"Non mi piace quello che Mitchell ha fatto  - dice Phillips - ma riesco a capire che ha mentito per spirito di autoconservazione: è la prima legge della natura. Nel corso degli anni l'ho perdonato: doveva salvare se stesso".
Ora bisogna che qualcuno salvi Phillips e lo risarcisca per quei 45 ingiusti anni di carcere, strappandolo alla povertà. Il nuovo procuratore generale del Michigan, Dana Nessel, che sta esaminando il caso, e il procuratore della contea di Wayne, Kym Worthy, che appoggia le richieste di Phillips, ci stanno provando, dando battaglia a uno Stato sempre riluttante a pagare per i propri errori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA