Moda, quando l'uomo sbaglia lo stile

Moda, quando l'uomo sbaglia lo stile
di Valeria Arnaldi
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Venerdì 14 Aprile 2017, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 18:06

I calzini bianchi e i pantaloni con il risvolto di Grease. Le camicie aperte su petti villosi e addominali rilassati di Troppo forte. Le scarpe sportive, passepartout di Willy, il principe di Bel-Air. Senza dimenticare bretelle fantozziane, slip leopardati, bandana, sandali portati con calzettoni, fantasie hawaiane, bomber e chiodi eco dall'effetto cartonato, canottiere in bella vista.
 
 


«Il bruto si copre, il ricco e lo sciocco si adornano, l'elegante si veste», diceva Honoré de Balzac nell'Ottocento, ma, a ben guardare, tra passerelle, web-trend, film e outfit da influencer, vestirsi per l'uomo più che una prova di eleganza è diventata una vera - e ardua - impresa. Sono tanti gli scivoloni di stile compiuti nell'abbigliamento maschile da quando moda e società hanno liberato l'uomo dal rigoroso canone del completo per offrirgli infinita varietà di scelta.
 
EDUCAZIONE
Questione di costumi che cambiano e occhi che si abituano. E perfino di parodie, che deridendo un tipo di look finiscono per moltiplicarlo. Dalla A di Acconciatura alla S di Sciarpa, il libro Fico! I disastri del look maschile, dal calzino bianco alle sopracciglia depilate di Sabrina Beretta e Sara Pupillo (Effequ), è un piccolo dizionario semiserio di errori maschili visti con gli occhi, impietosi, delle donne. «Oggi manca l'educazione al bello - racconta Sabrina Beretta, stylist di volti noti dello spettacolo - tutto è sdoganato ma il bello è oggettivo, diventa soggettivo a seconda di come ognuno lo traduce nell'abbigliamento adattandolo a fisico e finanze.

Il problema riguarda tutti, anche nomi celebri. Noi italiani siamo un po' presuntuosi, pensiamo di essere sempre fashion, non è così. Tendiamo, ad esempio, a vestirci in modo eccessivo nelle occasioni formali». Lo sdoganamento di nuove forme e fantasie, lungi dal farsi strumento di piena libertà, infatti, ha finito per creare altri cliché e imporre nuove regole nate dal superamento o solo dalla ribellione a quelle tradizionali. Ciclicamente. Così le cravatte si sono allargate, ristrette, poi di nuovo allargate e via dicendo. I pantaloni si sono accorciati e striminziti per sottolineare la muscolatura. Senza fiato pure le giacche. Sì e no alle sneaker sotto lo smoking. Stiloso il mocassino, poi meglio la classica allacciata, bene le punte da stivale e poi, al contrario, vietato l'effetto temperato.

Senza dimenticare la biancheria: prima lo slip è stato bocciato a favore del boxer più morbido, poi superato dalla sua versione stretch e nuovamente dallo slip, fino ad arrivare al perizoma. Tutto per colpa di qualche testimonial palestrato . Senza dimenticare vezzi e piccole eccentricità da divi, tra maxi-sciarpe, look volutamente trasandati, gioielli o bigiotteria, borse e borsette, che, riportati nella vita di tutti i giorni risultano eccessivi.

CICLICITÀ
Insomma, sempre più spesso, gli errori di ieri diventano moda di oggi per tornare a farsi orrori di domani in una costante ridefinizione dell'eleganza. «Sono i corsi e ricorsi della moda a giustificare il meccanismo di valorizzazione perfino di stili prima ritenuti ridicoli - spiega Maurizio Cinà, docente nei corsi di Fashion Buying dell'IFDA-Italian Fashion and Design Academy - i trend riscoprono un periodo storico e lo ripensano con colori e materiali moderni. Le generazioni che non hanno vissuto in quelle epoche considerano tali capi nuovi». «Il trend ha un andamento a onda - dice Cinà - ed è a onda pure il comportamento del consumatore. Dopo i tagli superstretti, si va verso il ritorno di volumi importanti». All'orizzonte quindi, il relax, con i rischi delle sue forme. E dell'informe.
 
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