Gli italiani in pole position nel cashmere.
Nessun aumento sui prezzi dei capi

Gli italiani in pole position nel cashmere. Nessun aumento sui prezzi dei capi
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Venerdì 3 Agosto 2012, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 8 Agosto, 18:05
ROMA - L’estrema volatilit dei filati pi preziosi non mette a rischio il primato italiano nella produzione di maglioni di cashmere. Pur in assenza di una quotazione di riferimento internazionale del prezzo della materia prima,
agli osservatori più attenti non sfuggirà il ricordo del trend in continuo aumento riscontrato a partire dal 1991. Ma dal 2001 il costo del filato si è progressivamente abbassato in concomitanza con la crescita della produzione cinese e, nell’ultimo triennio, è tornato a crescere a causa delle politiche riguardanti gli allevamenti cinesi e delle condizioni climatiche invernali particolarmente difficili nelle aree dove viene allevata la capra hircus, dal quale nasce il cashmere. Si calcola che l’inverno 2012 abbia sterminato così tanti animali da ridurre di un terzo la produzione del filato.



Tuttavia il rincaro del 30% che si è riscontrato dal 2008 ad oggi non appare troppo penalizzante per le aziende di casa nostra, in quanto in precedenza i prezzi partivano da livelli piuttosto bassi. Ma la crescita dei costi legati alla materia prima non dovrebbe provocare brutte sorprese per i consumatori: le principali case produttrici hanno già fatto sapere che per l’autunno-inverno 2012-2013 gli aumenti sulle vetrine dei negozi saranno minimi. Nonostante la recente impennata del made in china nella produzione dei tessuti pregiati, l’Italia continua a rappresentare il secondo acquirente di cashmere a livello mondiale. Aziende come Loro Piana e Zegna acquistano direttamente in Mongolia ed in Cina centinaia di tonnellate l’anno di filato che, successivamente, finiscono tra le lavorazioni di maison rinomate come Brunello Cucinelli.


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