Diego Dalla Palma: «Le donne belle scadono come lo yogurt, le brutte combattono»

Diego Dalla Palma: «Le donne belle scadono come lo yogurt, le brutte combattono»
di Simona Antonucci
5 Minuti di Lettura
Sabato 25 Novembre 2017, 10:09
«Tutto quello che è firmato non rende interessanti. Mai. L'unica griffe da indossare è la propria personalità». Diego Dalla Palma è definitivo come i colori e le forme con cui ha costruito l'immagine di tante donne e tanti uomini. «Guai a lasciarsi influenzare. La bellezza è sinonimo di autonomia e il proprio aspetto va progettata con indipendenza».

Non si parla né di ombretti, né di rossetti: il make up artist che ha scritto pagine sul look delle italiane, che ha rivoluzionato il viso di grandi dive, da Ornella Vanoni a Monica Guerritore, che ha accompagnato in scena grandi attrici come Mina o Mariangela Melato, punta dritto all'anima. E mette a disposizione la sua per consigliare ragazze e signore di mezza e terza età.

Oltre a dedicarsi all'insegnamento, nella sua accademia milanese, il look maker che sta preparando un nuovo programma su Real tv L'originale ti fa bella, distilla saggezza e follia anche online sul suo blog, fresco d'inaugurazione Diegoxte (www.diegoperte.com) dove cura due rubriche Look e Mamalook e Spunti e Sputi. «Con un gruppo di giovani di talento abbiamo messo su questo laboratorio, un po' fucina un po' manicomio. Siamo visionari dell'immagine, ma non influencer. Il mondo è già in confusione, il mio unico consiglio è: fate come vi pare e trovate il modo di dare un senso a quei pochi giorni che stiamo sulla terra».

Lei quindi, non vuole influenzare?
«Io non ce l'ho con nessuno. Ma trovo molto inquietanti le persone che con un video del telefono dispensano lezioni su come vestirsi, che colori scegliere, che cosa comprare».

Come difendersi dalle insicurezze?
«Basta l'intelligenza».

Per le donne belle è tutto più facile?
«Le donne belle hanno una data di scadenza, come lo yogurt. Le brutte, che secondo me non esistono, sono abituate a vivere con il coltello tra i denti. Combattono».

La fragilità porta a inseguire modelli: qual è l'antidoto?
«L'omologazione livella tutto e tutti verso il basso. Ti recinta. Va evitata a qualsiasi costo».

Come ha cominciato?
«Sarebbe meglio domandarmi come mi sono salvato. Ho avuto infanzia e adolescenza piuttosto complicate. Sono uscito da un coma, per una meningite fulminante e poi ho dovuto superare violenze».

A scuola? Da piccolo?
«Si dentro il collegio. A Venezia. Vere e propie violenze. Neanche crescendo è andata meglio: ero un po' effeminato, continuamente vittima di bullismo. È stato lungo il lavoro che ho dovuto fare su me stesso. E ho perdonato tutti».

Mai rabbia?
«Come sarebbe stata la vita se avessi coltivato solo la rabbia? Dovevo uscirne e andare avanti. Nessuna terapia, solo il consiglio di mio padre: butta acqua sul fuoco».

E poi? Come è arrivato il lavoro?
«Per amore. Ho fatto per anni il costumista in Rai e il truccatore in grandi teatri milanesi. Dopo aver amato una cantante lirica, persi la testa per un giovane uomo. Con lui aprii un negozio. Dovetti aiutarlo. E da lì, la creazione di nuove linee, di un nuovo modo di pensare la femminilità».

Quale?
«Quello che non passa per lo specchio, a fissarsi sui propri difetti. Ma coltivando la conoscenza. Ed evitando gli imbecilli che ti ghettizzano, perché non sanno crescere».

Le grandi dive fanno così?
«Se parliamo di icone, sì. La Callas, Frida Khalo, Helena Rubistein, ma anche la Magnani, la Mangano non erano mica perfette. Eppure... La normalità è rassicurante, non ha fascino».

Regole che valgono per tutte le età?
«Le età delle donne io le penso a colori. Le tinte primarie, il blu, il giallo, il rosso, appartengono a una fascia che non supera i 25 anni. Fino ai sessanta ci si muove tra le tonalità complementari: viola, arancio, verde. E poi entrano in gioco le sfumature. Ma nessun lilla, rosa o salmone ti potrà mai più dare quel colpo che ti fa sentire il rosso».

E il colore dei capelli un po' influisce?
«Le brune devono guardare all'inverno, ai colori freddi del ghiaccio e del blu, della coda del pavone. E al bianco. Le bionde pensino alla primavera, alle sfumature pastello. I tramonti caldi e i toni estivi sono adatti alle castane. Mentre l'autunno è delle rosse».

Quando una donna si siede davanti a lei e le chiede aiuto per costruire un nuovo look, da che cosa comincia?
«Faccio un lavoro psicologico. Ho bisogno del contatto fisico. È importante capire come una donna reagisce a una carezza, come stringe la mano. Osservo la postura. Come sta al mondo. Luciana Savignano, la grande ballerina, diceva: il corpo non lo si ha, lo si porta».

Postura.
«Camminare guardando le aquile e non i sorci. Spalle dritte e non curve, altrimenti si dà l'idea di arrancare. Bocca chiusa: le labbra aperte invecchiano, le tiene così un anziano che non riesce a respirare. E poi, capezzoli al cielo. Su».

Un'acconciatura da sera o per un incontro galante: com'è?
«Capelli raccolti perché il viso è meglio scoprirlo. Per un'alternativa di stile scegliere la frangia, con un taglio carrè. Il bianco è sempre un alleato e le perle sono sempre attuali».

E il trucco?
«Io amo il kajal all'interno delle palpebre, un po' stile arabo. Mascara, sempre. E rossetto squillante, deciso. A chi dice che involgarisce io rispondo che sono i pensieri a essere volgari».

Quale, dei tanti dolori che ha vissuto, è diventato bellezza?
«Sono cresciuto in una malga, sui monti. Quei colori li ho tutti dentro. Ed è tra gli alberi che ho trovato la mia medicina».

Quale?
«Entrare in un bosco. Sedersi con la schiena contro un albero. E stare lì. Si torna a casa guariti».

Lei come si fa bello la mattina prima di uscire?
«In questo periodo sono fidanzato con la solitudine. Musica, viaggi, un po' di sesso quando capita. Prima di uscire indosso uno scudo e coltivo la pazienza».


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA