Anna Fendi: «Vi racconto mia sorella Carla, donna di grande passione»

Siamo sempre state combattive, tutte e cinque. Unite. E identiche nel non voler mollare mai. Incapaci di arrenderci. Questa volta però è dura. Ora che Carla se n’è andata, il crollo c’è. Non so, forse è la prima volta». Anna Fendi ha salutato per sempre la sorella che si è spenta lunedì sera dopo una lunga malattia. «Ma non ha mai smesso di seguire le sue grandi passioni, di rimanere protagonista del Festival di Spoleto e di seguire la fondazione, creata dieci anni fa, per sostenere e preservare beni e valori culturali del passato e garantirne la continuità nel futuro». Un lavoro continuo e appassionato che verrà coronato con il riconoscimento del Premio Europa e Cultura, venerdì prossimo, alla Camera dei Deputati. Anna Fendi contiene il dolore «perché voglio rimanere ancorata al ricordo stupendo che ho di lei» e collabora ai preparativi delle cerimonie che si svolgeranno oggi in Campidoglio dove sarà allestita la camera ardente e domani nella Chiesa degli Artisti dove si svolgeranno i funerali. «La sua chiesa preferita», spiega. Un omaggio che continuerà ai 2Mondi con la dedica del concerto di chiusura in piazza diretto da Riccardo Muti. 

Spoleto era il suo grande amore e il suo grande vanto, dopo la vendita della società. Che cosa le raccontava?
«La prima volta Muti, venne per lei. Un concerto al Caio Melisso quando scomparse suo marito, Candido Speroni. Nessuno poteva crederci che il Maestro dirigesse in una sala, anche se preziosa, così piccola. E quest’anno ci sarà di nuovo lui a ricordarla. Carla è sempre stata amatissima a Spoleto. Mi è capitato spesso di essere ringraziata da persone incontrate per caso nelle stradine, in quanto sorella di una cittadina speciale».

La perdita del marito la cambiò?
«Erano una coppia vera. Mio cognato la seguiva in tutto. E la sosteneva. Oltre a essere un grande amante della musica e un uomo di indimenticabile humour, era il più fedele sostenitore di mia sorella. Non aveva complessi. Anzi era orgogliosissimo della sua amata Carletta».

Cinque sorelle e un’azienda: che cosa interessava di più a sua sorella?
«Siamo state delle trasformiste. Facevamo quello che serviva, soprattutto negli anni duri. Giovani, ma educate alla disciplina. Altrimenti non ce l’avremmo fatta. Carla era brava nell’amministrazione. Volitiva. E aveva grande senso della comunicazione. È lei che ha lavorato con l’estero e soprattutto con New York facendo cambiare orizzonte all’azienda».

Sua sorella diceva che l’artigianato è il petrolio italiano. Era un punto fermo della vostra creatività?
«Ci credeva molto. E ci credo anche io. Nonostante, all’inizio, fossimo una firma giovane, siamo riuscite a tenere testa a grandi marchi internazionali, e a superarli, proprio perché eravamo fortemente radicate al nostro artigianato e alla tradizione italiana».

Un ricordo di qualcosa che avete creato insieme.
«Voglio tornare con la memoria a Spoleto, anche perché si inaugura in questi giorni. Eravamo amiche di Menotti e ci chiese una mano. Allora non si usava la parola sponsor, si collaborava per il piacere di far parte di un bel progetto. Andava in scena Traviata e regalammo alle signore dei ventagli con una gardenia ricamata e la firma di Lagerfeld. Poi ci fu la Butterfly con la regia di Ken Russell che ci volle anche per la Bohème a Macerata: per la scena finale lunghi mantelli con tutte le sfumature del nero. E così l’arte ci entro definitivamente nel sangue».