Maria Elena Aprea: «Nei miei gioielli il mare di Capri»

Maria Elena Aprea: «Nei miei gioielli il mare di Capri»
di Camilla Gusti
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Venerdì 5 Maggio 2023, 11:23

Indossare un gioiello Chantecler è come avere un pezzo dell’Isola azzurra sempre con sé. Uno stile autentico, un incontro di tradizioni e cultura, lo stesso che ha catturato fin da subito l’attenzione del jet set internazionale, quando nel 1950 Pietro Capuano e Salvatore Aprea decidono di fondare il marchio. Da Jacqueline Kennedy a Audrey Hepburn, i capolavori creati dai due designer hanno incantato attrici, principesse e aristocratiche di tutto il mondo. «Capri è un’isola meravigliosa, da sempre la mia fonte di ispirazione», dice Maria Elena Aprea, direttrice creativa del marchio.

Come è nato il nome Chantecler?
«Era il 1947 quando Pietro Capuano, erede di una stirpe di commercianti napoletani di pietre preziose, sbarcò sull’isola con l’intenzione di creare un marchio di gioielli, insieme all’amico Salvatore Aprea. Era un uomo eccentrico e trasgressivo, amico delle persone più influenti sull’isola come il poeta futurista Marinetti, la contessa Ciano, sua presunta amante, e il principe di Sirignano. Fu proprio quest’ultimo a cucirgli addosso il soprannome Chantecler, perché in lui rivedeva il protagonista dell’omonima novella di Edmond Rostand che altro non era che un gallo, simbolo ancora oggi della nostra maison».

Qual è la lezione più importante che le ha trasmesso suo padre?
«Ci ha insegnato a essere sempre noi stessi, nel rispetto degli altri e dell’amore verso la nostra isola e della natura che ci circonda. Questa isola ha contributo a costruire il nostro marchio ed è per questo che oggi cerchiamo non solo di proteggerla ma anche di portare avanti la sua magia».

Come nasce un gioiello Chantecler? 
«Un gioiello è per sempre, al di là di ogni tendenza modaiola. Capri, con il suo mare dalle mille sfumature, è la fonte di ispirazione principale. La collezione Anemoni ne è un esempio. Una parure composta da collana, orecchini e anelli che si sviluppano in maniera concentrica e dove dialogano le tonalità accese del corallo e degli smalti colorati.

Le sfumature sono date dal titanio, nelle tonalità del verde e del viola, abbinato all’oro giallo per le incassature. C’è anche la parure Stella Marina in titanio bianco, nata un po’ per caso dopo mille tentativi e il lavoro di tanti artigiani specializzati».

Quanto è importante il fatto di tramandare di generazione in generazione il proprio savoir faire?
«Per realizzare un gioiello bisogna avvalersi del sapere prezioso di tante persone, perché ogni fase richiede un artigiano specializzato. Oggi il mercato si trova in un momento particolare perché si non è tramandata a sufficienza alle nuove generazioni la passione per queste arti. Ne deriva l’urgenza di investire per trasmettere il valore del lavoro artigiano, l’importanza del Made in Italy, le opportunità occupazionali che ne derivano, ma soprattutto l’importanza di portare avanti un patrimonio culturale inestimabile».

Il suo gioiello preferito?
«Ogni gioiello è come un figlio ma se dovessi scegliere direi qualcosa di corallo perché mi ricorda la mia isola. Siamo molto attenti alla raccolta del corallo, cerchiamo di conservare e proteggere questa specie, a rischio non tanto per l’eccessiva raccolta quanto per l’innalzamento della temperatura e l’inquinamento».

Dalla vostra boutique passa il mondo. La richiesta più particolare ricevuta da un vostro cliente? 
«Le stravaganze sono all’ordine del giorno: di recente ho dovuto creare un gilet d’oro tempestato di pietre preziose per una principessa araba. Un oggetto meraviglioso».

Quali sono i piani per il futuro di Chantecler?
«La nostra ambizione sarebbe quella rimanere un’azienda di famiglia, fedeli al nostro Dna, e vedere le generazioni future lavorare con la stessa passione e la stessa gioia».

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