Marco De Vincenzo: «Come ci vestiremo? Uniforme tutti i giorni, stile Gatsby per le occasioni speciali»

Marco De Vincenzo: «Come ci vestiremo? Uniforme tutti i giorni, stile Gatsby per le occasioni speciali»
di Veronica Timperi
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Venerdì 19 Giugno 2020, 08:43

Ci vestiremo con una divisa nella quotidianità, e lasceremo i sogni, gli abiti eccentrici per le occasioni speciali. Parola di Marco De Vincenzo, designer siciliano (è di Messina), 42 anni, da più di dieci anni a capo del brand che porta il suo nome e vincitore, nel 2009, di Who's on next. Parte del suo bagaglio creativo è pero da Fendi, per il quale, da quasi 18 anni, crea borse iconiche.

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Come ha vissuto questo periodo di stop forzato?
«Quando è stato chiuso tutto ero a Roma e lì sono rimasto per tutto il lockdown. Io faccio il pendolare tra la Capitale e Milano, ma era da tempo che non mi capitava di trascorrerci così tanto tempo, soprattutto nella mia casa vicino a piazza Navona, dove è iniziato tutto».

E come l'ha trovata?
«Lo dico subito: guai a chi mi tocca Roma. Ne sono innamorato, a prescindere da tutto. Durante la chiusura ha dato il meglio di sé, deerta era di una bellezza disarmante. Come se in quel momento tutti gli aspetti che di solito la rovinano fossero stati congelati. Confesso che allungavo di proposito la mia ora d'aria per fare la spesa e godermi una passeggiata magica».

Pensa che Roma possa tornare a essere una capitale della moda? «Non so se augurarglielo. Per esserlo bisogna sottostare a frenesie, psicosi di ambienti chiusi, che non lasciano molto spazio alla fantasia. Roma, invece, per me significa creatività, come per Valentino e Fendi che lì hanno l'ufficio stile. Qui mi depuro tra la bellezza, mi ricarico e poi affronto Milano».

Come dovrà cambiare la moda?
«Non lo so ancora. Mi auguro un rallentamento, ma non sono sicuro che accadrà, sono un po' disilluso. Temo che la filiera vorrà recuperare il tempo perso. Credo sia esagerato spremere la creatività facendo collezioni ogni due mesi».

Quindi è favorevole anche ai saldi posticipati?
«Sì. È un modo in più per noi creativi di far ossigenare la fantasia. Spesso le collezioni non fanno in tempo nemmeno ad arrivare nei negozi che già vengono sostituite da altre. E il rischio è che ogni collezioni somigli troppo alla precedente senza apportare novità stilistiche».

Quindi come pensa ci vestiremo dopo il coronavirus?
«Penso ad una moda combattiva per il giorno, con una specie di divisa fatta da jeans, t-shirt e sneakers, e per le occasioni speciali e il tempo libero capi eclettici e festosi in stile Grande Gatsby. Il tutto ovviamente con mascherina, compagna inseparabile di questi tempi».

Quali saranno i must di questa estate?
«Crop top, short e gonne a matita. Forme basiche, a cuore ma lavorazioni preziose. Poi micro bag e maxi orecchini. Punto sul sogno, perché dopo mesi cupi c'è bisogno di questo. Le dico solo questo: durante la quarantena abbiamo pubblicato su Instagram delle foto della collezione spring-summer 2020 con le modelle che sfilavano sulla Darsena mangiando il gelato, avvolte in creazioni pastello. Hanno avuto un enorme successo, proprio perché esprimevano un desiderio che non si poteva esaudire».

Sembra che si useranno sempre meno scarpe col tacco. Dovremo abituarci alla comodità rinunciando alla femminilità delle altezze?
«Sulle scarpe c'è già stata una rivoluzione nelle scorse stagioni che oggi è diventata una pacifica convivenza. Il trend vero ora è la scarpa di ricambio, ti cambia l'attitudine in un attimo. La scarpa alta non verrà mai sostituita, ma sarà il piano B, occuperà meno tempo nelle giornate delle donne».

C'è un abito a cui è particolarmente affezionato?
«Sicuramente al lurex rainbow dress, un abito in maglia arcobaleno. Il motivo è semplice: lo ha indossato Beyoncé. È stato un gran regalo per me, arrivato proprio nel giorno del mio compleanno».

Cosa fa prima di una sfilata?
«Niente riti scaramantici. Ripasso a mente il mood della sfilata in inglese. La creatività non è sempre spiegabile e facile perché dietro c'è un mondo, quindi figuriamoci farlo in inglese».

Nessun momento di divertimento prima delle passerelle?
«Le racconto un aneddoto che risale ad una decina di anni fa. Da Fendi, la sera prima della sfilata, noi dell'ufficio stile eravamo soliti fare un piccolo e divertente show con gli abiti che avrebbero sfilato l'indomani. In una di questa occasioni, mentre sfilavamo facendo il verso alle modelle, abbiamo trovato un ospite d'eccezione ad applaudirci: Karl Lagerfeld».
 

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