L'economista indiana Bina Agarwal: «L'agricoltura salva le donne dalle violenze»

L'economista indiana Bina Agarwal: «L'agricoltura salva le donne dalle violenze»
di Gabriele Santoro
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Sabato 21 Dicembre 2019, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 10:44

L'agricoltura contribuisce al 23% del Pil dell'India, cresciuto l'anno scorso del 6.75%, e il 59% della forza lavoro del Paese è concentrata in questo settore. Le donne hanno un ruolo crescente nell'agricoltura indiana e nella sua trasformazione, ma non mancano gli ostacoli. Nella società il loro impegno nelle attività agricole è ancora percepito come un'estensione del lavoro domestico, mentre è un fattore d'indipendenza e di sviluppo socioeconomico. L'economista indiana Bina Agarwal, classe 1951, vincitrice nel 2017 del prestigioso Premio Balzan per gli studi di genere, che conduce da quarant'anni, e autrice del libro Disuguaglianze di genere nelle economie in via di sviluppo, che sarà pubblicato a febbraio da Il Mulino, ha dimostrato con la ricerca sul campo come l'indipendenza economica, l'accesso al lavoro e la diffusione della proprietà terriera proteggano le donne dalla violenza maschile. Leggendo i dati, diffusi a ottobre dal governo indiano, essa si conferma un'emergenza di massima gravità. I crimini commessi nei confronti delle donne sono aumentati del 6% nel 2017. La polizia ha registrato 33.658 casi di stupro con una media di 92 al giorno.
PERCENTUALI
«In Kerala, uno stato nel sud dell'India, il campione della nostra ricerca ha preso in esame cinquecento famiglie in aree urbane e rurali, considerando due condizioni: il possesso della casa e quello della terra. Quando le donne non hanno in autonomia né casa né terra, il 49% di esse risulta aver subito una violenza domestica. La percentuale scende al 17% in presenza della partecipazione a un'attività agricola. Arriviamo al 7%, quando la donna oltre alla terra possiede un'abitazione. La mancanza di proprietà aggrava il rischio di violenza domestica: non sono il lavoro e il guadagno a difenderle. Abbiamo rilevato che le donne con posizioni lavorative migliori dei mariti sono più esposte e vittime di violenza», spiega Agarwal, che è stata ospite dell'Accademia dei Lincei a Roma.La proprietà terriera è uno degli indicatori della diseguaglianza di genere: in India la percentuale delle donne proprietarie corrisponde al 14% del totale. Con 1.27 miliardi di abitanti l'India è il secondo Paese più popoloso al mondo. Per comprendere l'incidenza sociale dell'agricoltura, è utile ricordare come sia la principale fonte di sussistenza: nelle aree rurali il 70% delle famiglie dipendono da essa e nonostante la dirompente crescita economica oltre 190 milioni di persone sono tuttora in stato di denutrizione. Nel biennio 2017-2018, secondo le rilevazioni della Fao, l'India è stata il più grande produttore mondiale di legumi, latte, iuta e il secondo per la produzione di riso, grano, canna da zucchero, cotone. Il 10.9% del volume produttivo mondiale di frutta e vegetali proviene dall'India.
PREGIUDIZI
Agarwal ha studiato nel Regno Unito all'Università di Cambridge e all'Università di Delhi, dove ha insegnato economia dal 1988 come l'ha fatto negli Stati Uniti a Princeton e Harvard. Nel 2012 ha accettato la cattedra di Sviluppo Economia e Ambiente presso l'Università di Manchester. Ha lavorato anche per il Comitato delle Nazioni Unite per le Politiche allo Sviluppo. La sua traiettoria di studi è interdisciplinare: coniuga economia, giurisprudenza, etnografia, sociologia, scienze politiche e antropologia. Agarwal confuta e smentisce i pregiudizi sull'apporto economico delle donne, evidenziando come povertà e diseguaglianza di genere siano strettamente correlate. Le ricerche di Agarwal hanno mirato e mirano a trovare strade per cambiare la vita delle donne nelle aree rurali povere dell'India, e non solo, con due cardini: il diritto alla terra e alla proprietà. L'analisi comparativa dell'economista si estende ad altri paesi dell'Asia meridionale con una conclusione comune: in società profondamente patriarcali, il progresso passa soprattutto dalla gestione della terra e dalla creazione di dinamiche di lavoro femminile cooperativo.
RIFORME
I gruppi di donne, spesso eterogenei nell'appartenenza religiosa e di casta, si lamentano della difficoltà di affittare terreni di buona qualità in un unico appezzamento. Agarwal sottolinea come un modello agricolo, dipendente dal leasing fondiario senza sicurezza di possesso, rimanga in balia delle incertezze del mercato. Servirebbero riforme di locazione e misure che aiutino i membri dei gruppi a comprare le terre. Un aiuto ai gruppi di donne per l'acquisto collettivo della terra fu approvato negli anni Ottanta, e con un certo successo, nel contesto della Rivoluzione verde che dopo aver contribuito al forte miglioramento della sufficienza alimentare e allo sviluppo pone nuove sfide. L'agricoltura è uno dei principali fattori del pesante inquinamento indiano e della crisi idrica. «Nel mondo assistiamo a un forte aumento della partecipazione delle donne all'agricoltura. In Asia e nell'Africa sub-sahariana la percentuale è del 40-50%. Questa proporzione è destinata ad aumentare: i futuri agricoltori saranno sempre più donne. Da loro dipenderanno il confronto, la gestione degli effetti del cambiamento climatico e la sicurezza alimentare del pianeta. I miei studi testimoniano come le donne possano avere le stesse o migliori performance degli uomini, qualora sia garantito un eguale accesso alla terra, all'acqua, alle tecnologie e ai mercati. La qualità dei risultati migliora, quando riescono a unirsi e a non dipendere più dalla logica del lavoro familiare», osserva Agarwal.
MERCATI
L'economista ha prefigurato, e analizzato sul campo, un modello alternativo all'agricoltura familiare di piccole dimensioni, che costituisce l'82% del comparto in India, in cui piccoli proprietari mettono volontariamente in comune terra, lavoro e capitale per creare imprese più grandi condotte in prima persona da donne. «Coltivare in un gruppo separato dalla famiglia, in cui si forma il primo stadio delle diseguaglianze di genere, darebbe alle donne autonomia nel prendere decisioni sulla produzione e un'identità indipendente come agricoltore. Tutto ciò è raramente possibile all'interno di aziende familiari gestite da uomini, in cui i contributi delle donne sono spesso resi invisibili. Le donne, che vogliono coltivare ma non possiedono terreni, possono migliorare l'accesso alla loro terra facendo parte di un gruppo, poiché ciò aumenterebbe le loro risorse finanziarie e il potere di negoziazione nei mercati delle locazioni».

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