Veronica Benini, digital strategist e ideatrice di 9Muse: «È ancora il momento di mettere le donne sul palco, fino a che non sarà normale che ci siano»

Veronica Benini
di Valentina Venturi
6 Minuti di Lettura
Sabato 20 Giugno 2020, 13:16 - Ultimo aggiornamento: 21 Giugno, 14:21

Empowerment femminile al grido di «non autocensuratevi». Così Veronica Benini, la digital strategist ed esperta di comunicazione disruptive meglio nota come Spora, da anni sta dando linfa vitale alle donne attraverso workshop, corsi online, incontri al femminile e voglia di fare squadra. E la vita le dà ragione: è stata più volte relatrice al TEDx e al Women Economic Forum, è autrice di cinque libri, tra cui “Tacco12” e il bestseller “La vita inizia dove finisce il divano”. Ha lanciato realtà di successo come "L’Estetista Cinica" e "La Sciampista" e la sua pagina Instagram (@Spora) conta 115.000 follower. Gli appuntamenti “9Muse” nel 2019 hanno raccolto 2500 presenze fisiche, più 5000 in streaming e 26.000 follower su instagram, mentre la piattaforma Corsetty ha oltre 23.000 iscritte ai corsi nel primo semestre del 2020, con ben 23.500 follower.
 
Si considera un’influencer?
«È una definizione molto ampia e ci rientro quando la mia community segue quello che consiglio; la differenza è che non faccio l’influencer di lavoro, visto che non promuovo prodotti altrui, ma miei. La cosa che mi piace fare è mettere le altre influencer insieme e farle collaborare, spesso ne lancio di nuove col "9Muse" o "Corsetty". Mi piace connettere le donne». 
 
Da cosa deriva il nome Spora?
«All’università studiavo architettura a Firenze e vivevo in una camera doppia con una ragazza greca. Mi vedeva in azione, sempre energica e con qualcosa da fare per cui mi chiamava Sporos che in greco moderno significa spore, ma nel gergo vernacolare lo usano anche per bambino iper attivo che sta sempre a fare cose. Ero io!».
 
Come possono i tacchi essere uno strumento di empowerment?
«Non li portavo spesso, ma dopo l’operazione per un cancro al collo dell’utero mi sentivo meno donna, psicologicamente ero a terra e ho cominciato a indossarli tutti i giorni per sentirmi più femminile. Mi ci sono attaccata come al simbolo della femminilità e autostima che volevo ritrovare. Ho iniziato ad avere fastidi fisici come l’alluce valgo e dolori vari, e ogni volta lo raccontavo sul mio blog: le domande che mi facevano le follower erano così tante e sempre le stesse, che ho ideato un powerpoint con workshop per rispondere. E così nel 2010 nasce la “Stiletto Academy”».
 
Un corso motivazionale sul tacco 12?
«Verso le donne esiste la contrapposizione stupida che se sei indipendente e power non puoi permetterti la frivolezza, sei presa meno sul serio se hai il rossetto e i tacchi. Io penso che se ti piaci puoi fare quello che vuoi, invece socialmente c’è ancora molta diffidenza. Se sei bionda stile Barbie perché ti piace esserlo e sei un ingegnere non ti prendono sul serio come una che sembra una nerd. È un’idea senza logica e la diversity dovrebbe passare anche da quello».
 
Crede che le donne abbiano una marcia in più rispetto agli uomini?
«No, ma credo che abbiamo sensibilità diverse. La donna ha un’intelligenza emotiva più sviluppata quindi interagisce meglio attraverso le emozioni. Siamo anche più chiacchierone e comunicative, sui social siamo molto più attive. E poi parla la storia». 
 
In che senso?
«Il percorso di emancipazione delle donne nel mondo del lavoro è stato lungo e travagliato e ancora oggi si registrano dei gender gap insopportabili che ci penalizzano in termini di salari, ma anche di possibilità di fare carriera. Le donne durante la Prima Guerra mondiale arrivarono in massa nelle fabbriche per rispondere ai “bisogni della Patria” ma poi, tornati gli uomini dal Fronte, sono state espulse e rimandate a casa… Ma ormai ci avevano preso gusto (sorride, ndr.). La mia piattaforma di corsi si chiama “Corsetty” (piattaforma #1 di formazione online rivolta alle donne e all’imprenditoria al femminile, ndr.) in omaggio alle suffragette che sono state le prime a non usare il corsetto, perché era una costrizione che impediva di muoversi e respirare. E i miei Corsetty, per molti versi, liberano le donne e le fanno respirare».
 
E la crisi del maschio?
«Non sto dicendo che non ci sia, anzi c’è proprio per questa indipendenza femminile. I codici sociali sono cambiati troppo in fretta e c’è una sorta di mancanza di equilibrio dell’uomo, che non sa più se deve aprirti lo sportello o pagare la cena. Certo, c’è disparità: se esci con un uomo di 10 anni di più va bene, ma di 10 di meno no».
 
Durante il lockdown avete avuto problemi?
«Ho deciso di andare incontro al mio pubblico: in un momento in cui era necessario aiutare ho creato “Il Mio Corsetty” on the go: un corso gratuito dal mio divano, per spiegare passo per passo tutte le fasi di realizzazione e lancio del proprio corso online, in modo che avessero possibilità di fatturare da casa. Sono arrivate più di 17.000 iscrizioni in pochissimi giorni, tanto che ci hanno impallato il sito, abbiamo dovuto cambiare il server e mettere un servizio di coda. Sono felicissima perché ha aiutato tantissime persone».
 
Cos'è “9Muse Milano”?
«Un evento per parlare di donne della porta accanto che ce l’hanno fatta dopo delle difficoltà, così chi ascolta capisce che non si dà spazio solo alle storie di successo top, ma anche a quelle di donne come noi, alle quali ispirarsi per potersi dire: "L’anno prossimo potrei esserci io su quel palco". E a volte succede, perché la nona Musa va ad auto-candidatura sul sito».
 
È stato facile?
«Mi sono detta: facciamo una prova! Trovo una location con spazio per 416 persone e lo finanzio da me. Lo spazio era vuoto e le sedie costavano troppo: ho affittato dei tavoli da birreria con le panche. Ricordo che la proprietà della location non ha voluto accendere l’aria condizionata: era giugno e dentro c’erano 42 gradi. È stato terribile ma la gente non si alzava, nonostante grondasse di sudore. Allora ho capito che era una cosa potente. La quinta edizione sarà a novembre prossimo».
 
Da cosa deriva il nome?
«Dalle muse ispiratrici greche: un classicone e ci sta, perché quando inventi una cosa nuova la devi veicolare senza equivoci».
 
Perché solo donne sul palco?
«All’ultimo “9 Muse” è intervenuta Andrea Delogu e tra il pubblico c’era Francesco Montanari, il marito. Dopo i talk Francesco era stupito di vedere 1500 donne tutte insieme e mi ha detto: “Voi non avete paura di parlare dei vostri problemi, anche se complicati. È difficile, ma lo fate. Noi uomini non faremmo mai un simposio per raccontare del cancro alla prostata. Ammiro questa sensibilità e libertà”. È ancora il momento di mettere le donne sul palco, fino a che non sarà normale che ci siano. Mi auguro che tra una generazione il "9Muse" possa essere con persone e non sole donne, ma ancora no. Nel pubblico invece sì: è aperto a tutti».
 
Come si definirebbe?
«Le mie follower mi chiamano “la mamma delle Muse” e sono fiera di aver trovato, a 43 anni, una mia fertilità». 


 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA