Uomini che spiegano le cose alle donne o le interrompono. Le polemiche dopo il premio Strega

Valeria Parrella al premio Strega
di Maria Lombardi
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Domenica 5 Luglio 2020, 08:10

Rebecca Solnit è a un party con altri intellettuali newyorkesi. Il padrone di casa si ferma a parlare con lei e la sua amica. «Ho sentito dire che lei ha scritto un paio di libri», chiede l’uomo. «A dire il vero, ne ho scritti diversi», risponde Solnit. «E di che cosa parlano?»”. La scrittrice cita il suo ultimo saggio sul fotografo Eadweard Muybridge. L’uomo la interrompe per chiederle se conosce un importantissimo libro su Muybridge appena uscito. Proprio quello che ha scritto lei. Ed è così che nasce Gli uomini mi spiegano le cose, scritto da Rebecca Solint nel 2014, e si comincia a parlare di mansplaining«Ogni donna sa a cosa mi riferisco: a quell’arroganza che, a volte, mette i bastoni tra le ruote a tutte le donne in qualsiasi settore, che le trattiene dal far sentire la propria voce, e che impedisce loro di essere udite quando osano parlare» scrive Solnit.

Mansplaing, quando un uomo spiega a una pilota come si guida o a una ingegnera informatica come funziona il pc, a una femminista cosa è la violenza di genere o cosa è meglio per le vittime. Proprio quello che è successo l'altra sera a Valeria Parrella, unica autrice nella sestina del premio Strega 2020. Nel corso della diretta tv della finale, al termine dell'intervista con la finalista, il conduttore Giorgio Zanchini annuncia il dialogo successivo: si parla di  #metoo con Corrado Augias:
«E lei ne vuole parlare con Augias? Auguri…», replica sorridendo la scrittrice. Sui social si scatena la polemica. Molti applausi per la Pannella e qualcuno che replica: adesso gli uomini possono solo stare zitti. 

 




#mansplaing - commenta a proposito su Twitter la scrittrice Michela Murgia - quando un uomo spiega qualcosa di cui non sa nulla a una donna che invece lo sa benissimo. 



 


Ci sono gli uomini che spiegano e quelli che interrompono lei che parla. Capita nelle riunione di lavoro, nei dibattiti tv, nei briefing, nelle conference call o più banalmente nelle discussioni tra amici o in famiglia. Così frequente, il fenomeno del “manterrupting” da aver meritato nel tempo studi discussioni e persino una app. Uomini che interrompono le donne. Per dire la loro, precisare o semplicemente zittire. Le statistiche dicono che se ne approfittano, e parecchio.


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Gli uomini hanno tre volte più probabilità d’interrompere le donne di quante ne hanno d’interrompere altri uomini. Le donne s’interrompono fra loro, ma non interrompono gli uomini. Risultato: le donne subiscono sistematicamente il furto di parole. Educate a far le brave ragazze, il più delle volte la parola scippata non se la riprendono. E così tanti bei discorsi restano a metà, stroncati dalla voce di lui. Donald Trump è riuscito a interrompere Hillary Clinton per ben 51 volte in un dibattito durante la campagna presidenziale. Da record.

Se provate a fare altrettanto, ecco che si torna al  “mansplaining”. Lui, interrotto dalla donna, spiega quello che lei sa meglio. Ma può anche anche peggio, con il “bropropriating”: l’uomo non ruba la parola ma direttamente l'idea dell'interlocutrice. Certo, ci sono anche le donne che interrompono gli uomini. O che urlano quando qualcuno prova a fermarle. O che sfilano idee e occasioni ad altre donne, il «sister-propriating». Solo che è raro che un uomo interrotto resti in silenzio. Secondo la linguista Kieran Snyder, co-fondatrice di Textio, le donne che non imparano a interrompere gli uomini non fanno carriera, almeno non nel campo della tecnologia. Tutta questione di fiducia e allenamento, anche. Con stile, magari, ma val la pena di provarci. «Per piacere, fammi finire», oppure «volevo chiudere il discorso», e se lo scontro si fa serrato mostrarsi inflessibili, «mi interrompi di continuo. La vuoi smettere, per favore?». Oppure, ma ci vuole un bel tono e una grande concentrazione, continuare il discorso ignorando la voce di lui. 




 

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