Tamara la Lady delle Montagne conclude sull'Ortles il tour delle vette più alte d'Italia

Tamara Lunger sui 3996 metri del Piz Zupò (Lombardia)
di Stefano Ardito
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 12:15

Ottantadue giorni in viaggio, 9300 chilometri in camper, decine di migliaia di metri di dislivello per salire le vette più alte delle 20 regioni italiane. Questa, in sintesi, l’avventura che l’alpinista Tamara Lunger, 34 anni, ha completato domenica sui 3903 metri dell’Ortles, la vetta più alta del “suo” Alto Adige.  
Negli anni scorsi Tamara ha compiuto notevoli imprese tra l’Himalaya, il Karakorum e la Russia. Nel 2014 ha toccato gli 8611 metri del K2, due anni dopo ha partecipato alla prima invernale del Nanga Parbat, 8125 metri, la “montagna assassina” del Pakistan

Poi, insieme al bergamasco Simone Moro, ha salito d’inverno il Pik Pobeda, in Siberia, con temperature fino a 50 gradi sottozero. E ha tentato di traversare il Kangchenjunga, la terza montagna della Terra.   
 
Quest’anno, il Covid-19 ha reso impossibile viaggiare verso le grandi montagne della Terra. Per questo, la Lunger ha dedicato quasi tre mesi al Tamara Tour Italia, un inedito viaggio alpinistico e sportivo alla scoperta del Belpaese.
«Prima di partire, confesso, non avevo quasi mai viaggiato a sud delle Alpi» racconta Tamara Lunger. «In questi mesi ho camminato e arrampicato, sono andata in mountain-bike e in canoa, in Sardegna sono perfino andata in grotta. Nessuno, uomo o donna, aveva mai fatto un tour come questo. Ho scoperto un paese meraviglioso».  

Partita da casa il 1 luglio, l’alpinista altoatesina ha iniziato salendo in vetta alla Marmolada (Veneto), poi ha esplorato l’Appennino toccando i Monti Sibillini (Umbria e Marche), il Monte Gorzano che sorveglia Amatrice ed è la cima più alta del Lazio. Sul Gran Sasso, in Abruzzo,  ha camminato e arrampicato, e ha promesso a sé stessa e ai suoi nuovi amici dell’Aquila di tornare per praticare lo scialpinismo.

Dopo il Pollino (Basilicata), l’Etna (Sicilia) e il Gennargentu (Sardegna), Tamara ha messo la prua verso nord, e ha affrontato delle vette più difficili e più alte. Sul Monte Bianco, 4810 metri, “tetto” della Valle d’Aosta e d’Europa, ha salito con due amici valdostani la difficile cresta dell’Innominata.

Nei giorni successivi si è ripetuta sulle vette del Monte Rosa (Piemonte) e del Bernina (Lombardia), alla fine l’attendevano i ghiacci dell’Ortles. “Il tour è stato più duro di una spedizione himalayana” sorride Tamara.

«Su 82 giorni di viaggio, solo quattro sono stati di vero riposo. Sul Monte Bianco e sul Monte Rosa, arrivare a 4000 metri senza acclimatazione è stato duro come salire un ottomila. Ma ne valeva la pena».

Ottantadue giorni in viaggio, 9300 chilometri in camper, decine di migliaia di metri di dislivello per salire le vette più alte delle 20 regioni italiane. Questa, in sintesi, l’avventura che l’alpinista Tamara Lunger, 34 anni, ha completato domenica sui 3903 metri dell’Ortles, la vetta più alta del “suo” Alto Adige.  
Negli anni scorsi Tamara ha compiuto notevoli imprese tra l’Himalaya, il Karakorum e la Russia. Nel 2014 ha toccato gli 8611 metri del K2, due anni dopo ha partecipato alla prima invernale del Nanga Parbat, 8125 metri, la “montagna assassina” del Pakistan.
Poi, insieme al bergamasco Simone Moro, ha salito d’inverno il Pik Pobeda, in Siberia, con temperature fino a 50 gradi sottozero. E ha tentato di traversare il Kangchenjunga, la terza montagna della Terra.    

Quest’anno, il Covid-19 ha reso impossibile viaggiare verso le grandi montagne della Terra. Per questo, la Lunger ha dedicato quasi tre mesi al Tamara Tour Italia, un inedito viaggio alpinistico e sportivo alla scoperta del Belpaese.
“Prima di partire, confesso, non avevo quasi mai viaggiato a sud delle Alpi” racconta Tamara Lunger. «In questi mesi ho camminato e arrampicato, sono andata in mountain-bike e in canoa, in Sardegna sono perfino andata in grotta. Nessuno, uomo o donna, aveva mai fatto un tour come questo. Ho scoperto un paese meraviglioso».  

 



Partita da casa il 1 luglio, l’alpinista altoatesina ha iniziato salendo in vetta alla Marmolada (Veneto), poi ha esplorato l’Appennino toccando i Monti Sibillini (Umbria e Marche), il Monte Gorzano che sorveglia Amatrice ed è la cima più alta del Lazio. Sul Gran Sasso, in Abruzzo,  ha camminato e arrampicato, e ha promesso a sé stessa e ai suoi nuovi amici dell’Aquila di tornare per praticare lo scialpinismo.

Dopo il Pollino (Basilicata), l’Etna (Sicilia) e il Gennargentu (Sardegna), Tamara ha messo la prua verso nord, e ha affrontato delle vette più difficili e più alte. Sul Monte Bianco, 4810 metri, “tetto” della Valle d’Aosta e d’Europa, ha salito con due amici valdostani la difficile cresta dell’Innominata.
Nei giorni successivi si è ripetuta sulle vette del Monte Rosa (Piemonte) e del Bernina (Lombardia), alla fine l’attendevano i ghiacci dell’Ortles. «Il tour è stato più duro di una spedizione himalayana” sorride Tamara. Su 82 giorni di viaggio, solo quattro sono stati di vero riposo. Sul Monte Bianco e sul Monte Rosa, arrivare a 4000 metri senza acclimatazione è stato duro come salire un ottomila. Ma ne valeva la pena».

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