Il dramma delle donne birmane vendute dai trafficanti per fare figli in Cina

La tratta delle donne birmane usate come incubatrici in Cina
di Maria Lombardi
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Lunedì 30 Dicembre 2019, 11:28 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 20:35

Le convincono ad attraversare il confine con la promessa di un lavoro, come cameriera o cuoca, operaia in fabbrica,  un lavoro qualsiasi, anche in nero, sempre meglio della fame che si soffre nei villaggi. Ma arrivate in Cina tante donne birmane scoprono di essere state vendute per 12-13mila dollari a chi vuole usarle come incubatrici. Vengono chiuse in stanzette, diventano schiave e dopo il parto si ritrovano in mezzo a una strada. «Dacci un bambino e ti lasceremo andare», è il titolo di un'inchiesta dell'organizzazione non governativa Human Rights Watch che denuncia la tratta delle donne birmane costrette a fare figli in Cina.

Il report si basa su 73 interviste, di queste 37 a vittime che sono riuscite a fuggire da chi le teneva prigioniere e a tornare nel loro paese, il Kachin, lo stato più settentrionale del Myanmar, l'ex Birmania. Da anni lì è in corso un conflitto tra le milizie governative e i guerriglieri dell'esercito di indipendenza del Kachin.
La popolazione è stremata, come denuncia Human Rights Watch ci sono 100mila sfollati e nei campi profughi una famiglia riceve due tazze di riso e sei dollari ogni 45 giorni. Si fa la fame. Facile convincere le donne ad attraversare la frontiera e raggiungere la Cina con la promessa di un lavoro. 

Una volta lì le vittime della tratta scoprono di essere state vendute come spose. Nella famiglia che le ha comprate vengono trattate come schiave. Per giorni chiuse in una stanza, violentate, a volte costrette a sottoporsi a trattamenti per la fertilità. Dopo il parto alcune vengono abbandonate nelle campagne cinesi. Quelle che riescono a tornare nel loro paese si ritrovano messe ai margini dalla comunità.
Secondo Human Rights Watch il traffico delle donne birmane è la conseguenza della politica cinese del figlio unico, adottata dal 1979 al 2015.  Le famiglie hanno cercato a tutti i costi il figlio maschio per assicurarsi la discendenza. Il risultato è una società sbilanciata, gli uomini in Cina oggi sarebbero 30-40 milioni più delle donne. E le proiezioni per il 2030 dicono che il 25% dei quarantenni non si sposerà mai. 


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Alcune associazioni, riporta Asian Review, calcolano che  circa 21.000 donne e ragazze di Kachin e Shan settentrionale sono state costrette a sposare uomini cinesi tra il 2013 e il 2017, di queste oltre 15.000 si stima che rimangano ancora nella provincia cinese dello Yunnan. Nang Pu, direttore della Htoi Gender and Development Foundation, un'organizzazione non governativa con sede a Myitkyina, la capitale di Kachin, afferma che la situazione non sta migliorando.
«Anche se le forze di polizia del Myanmar e della Cina si sono impegnate a eliminare il problema della tratta, questi tipi di casi continuano ad aumentare di giorno in giorno».


Kohon Ja, 20 anni, racconta di essere stata costretta a sposare un cinese dopo aver provato in tutti i modi a fuggire. Un uomo del Myanmar l'aveva convinta a raggiungere sua sorella che lavorava in una fabbrica di giocattoli, Koyam arrivata lì aveva scoperto che quella donna non faceva alcun lavoro ma era sposata e incinta. Le spiegò che accettando di venire in Cina aveva contratto un debito con chi l'aveva aiutata e il modo più semplice per pagarlo era sposare un cinese. Cominciò il via vai di famiglie che mostravano a Kohon le foto dei loro figli. Lei per tre volte ha rifiutato il matrimonio ma alla fine è stata costretta a sposarsi. Il marito le disse di aver pagato 7mila dollari per lei. La teneva prigioniera in una stanza e quando partiva per giorni le lasciava poco cibo e solo una bottiglietta di acqua. Alla fine Kohon è riuscita ad avvisare la sua famiglia che ha denunciato il fatto alla polizia birmana e a quella cinese ed è stata liberata.

 

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