Maria Foia, 39 anni, la mamma guerriera. Dopo il trapianto di cuore ha affrontato la gravidanza e adesso ha una bambina di otto mesi, Emma. La sua storia, racconta il Resto del Carlino, è stata presentata ieri al Sant’Orsola di Bologna: la sopravvivenza dei pazienti trapiantati di cuore a uno e a cinque anni è la più alta in Italia, rispettivamente dell’89% e dell’80%, superiore all’andamento nazionale che è dell’81% e del 73%.
«La gravidanza – spiega Maria, educatrice in una scuola materna di Forlì – è stata sempre un tarlo nella testa, con mio marito eravamo convinti di non poter avere figli, ma dopo il trapianto ho iniziato a ripensarci. Mi sono quasi sentita in colpa perché avevo paura che i medici pensassero che fossi un’ingrata: stavo mettendo a rischio questo cuore per poter realizzare il mio sogno, invece quando ho parlato con loro mi hanno detto così: Maria, hai fatto un trapianto per avere una vita normale e cosa c’è di più bello che avere un figlio?».
Sono appena una decina le donne che in Italia sono riuscite a diventare madri avendo nel petto il cuore di un donatore. Una di queste è Maria che ha combattuto con tutte le forze per dare alla luce la sua piccola Emma ❤
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Maria nel 2013 ha scoperto di avere la miocardite linfocitaria. «Il primo ricovero è stato a Vasto e dall’Abruzzo sono stata inviata subito al Sant’Orsola. In seguito a un aggravamento, i medici le hanno comunicato che doveva mettersi in lista per il trapianto. A Maria in un primo momento è stato necessario «impiantare un sistema di assistenza meccanica», un cuore artificiale. A febbraio del 2017 è arrivato il trapianto. «Il primo anno è stato complicato, ma quando sono stata bene ho pensato che avrei potuto chiedere il permesso di avere un figlio. E ce l’ho fatta. Se penso a un’altra gravidanza? Per ora mi godo Emma, poi si vedrà».
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