Con l'operetta irriverente Parigi fa “ballare” i generi

Mam'zelle Nitouche, una scena dello spettacolo in cartellone al Théatre Marigny
di Simona Antonucci
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Martedì 18 Giugno 2019, 21:56 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 21:21

Baffi e guêpière, tonache e divise, crocifissi e tatuaggi... Sotto il vestito, un po' di tutto. Perché alla luce dei riflettori le identità si confondono. È arrivata a Parigi Mam'zelle Nitouche, operetta autobiografica, di Hervé (rivale di Offenbach, di giorno suonava l'organo e la sera creava comédie-vaudeville), che con un gioco di parole (non toccare, n'y touche pas)) ammicca a signorine finte santarelline.

 

Il velo da suora nasconde il reggicalze da vaudeville, mentre la sottanona da convento è solo uno dei tanti abiti che fanno il monaco: di giorno, Célestin, è un organista che intona Alleluia per le monachelle, ma di notte diventa Floridor, compositore di canzonette per ballerine di can-can, piene di sottintesi su sesso e potere, per travestire e smascherare banalità di salotti e sacrestie di ogni società. Dopo due anni di tournée, la Sainte Nitouche è entrata in città dalla porta degli Champs-Élysées: al Théâtre Marigny, sala progettata nel 1880 da Garnier, lo stesso architetto che firmò l'Opéra, elegante, appena riaperta (la dirige Choplin, manager teatrale di lungo corso, ex direttore dello Châtelet), con una programmazione leggera come le piume delle cantanti che accolgono gli ospiti.
BUONTEMPONI
La produzione firmata da PierreAndré Weitz ha conquistato pubblico e critica con la sua compagnia di buontemponi, Le Frivolités Parisiennes, la brava e piccante sorella Lara Neumann e l'irresistibile Olivier Py, direttore del festival di Avignone, attore e attrice, dotato di creatività fuori da confini e da generi.

LE SEDI
Arredi e poltrone d'epoca, champagne e organetti di barberia, è una delle varie sedi del Festival dell'Operetta, organizzato in occasione del bicentenario della nascita di Offenbach, dalla Fondazione veneziana Palazzetto Bru Zane, che da dieci anni si dedica alla riscoperta e alla divulgazione della musica romantica francese: opere, concerti e conferenze fino al 30 giugno, tra Offenbach e i suoi contemporanei francesi Hervé, Lecocq, Barbier, Martini, Hahn, de Grandval, Berlioz e Saint-Saëns. Dal Théâtre des Champs Elysées, al Bouffes du Nord, dalla Chapelle royale de Versailles all'Opéra Comique, Mam'zelle Nitouche, Maître Péronilla, Madame Favart, armate di versi malandrini, un po' bel canto e un po' male lingue, sfidano le varie Tosche e Donna Elvira che piangono sui palcoscenici di Opéra Bastille e Palais Garnier. Si disperano per le torture di Scarpia e Don Giovanni, ma anche per il successo che il genere minore e certe eroine libertine stanno riscuotendo negli ultimi tempi, un po' ovunque (Vedova allegra di Léhar tra Fenice e Costanzi, Pipistrello di Strauss alla Scala). «Ci sono centinaia di spartiti da riscoprire», dice Alexander Dradwicki, musicologo della Fondazione Bru Zane «tutti molto attuali. Sia per i temi irriverenti che affrontano, sia per le condizioni economiche di oggi, come di allora. Questi spettacoli, che sono anche molto parlati, non hanno bisogno di voci come la Netrebko. E gli allestimenti sono più agili, meno costosi, ma assolutamente godibili». «Le battaglie di genere sono un argomento molto attuale, tutti noi abbiamo doppie identità, nella vita e sul palco», spiega il regista di Mam'zelle Nitouche, Pierre-André Weitz, che prima dello spettacolo ha accolto gli spettatori travestito da pagliaccio, «Io sono il regista, ma anche il clown, Olivier Py è un militare, una suora e una cantante. Noi artisti abbiamo il dovere di affrontare certi temi, anche per i ragazzi che vengono qui e che così non si sentono più dei mostri. L'operetta poi è molto complicata», conclude «più complicata del melodramma perché delle miserie umane è più facile piangere che ridere». 

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