La scrittrice Sara Ficocelli: «Le quote rosa sono un contentino che non risolve il problema reale»

Sara Ficocelli
di Valentina Venturi
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 14:21
Samia non torna a scuola. È la constatazione fatta da un suo compagno di classe, ma anche il titolo del romanzo scritto da Sara Ficocelli. La giornalista per Mds Editore ha pubblicato “Samia non torna a scuola”, adolescente somala di seconda generazione che adora l’inglese e sogna ad occhi aperti. Un romanzo attuale, in cui la discriminazione e la voglia di indipendenza procedono di pari passo.
 
Come mai una studentessa e non uno studente?
«Avrei potuto raccontare di un personaggio maschile, ma mi piaceva l’idea della donna e di poter affrontare la condizione femminile».
 
In che senso?
«In certi paesi, famiglie e culture, quella femminile è una condizione svantaggiata. Nel romanzo mi interessava trattare il discorso del velo e anche di come una ragazza nella fase della pubertà e dell’adolescenza viva la sua femminilità in un mondo in cui siamo costretti quasi gioco forza ad apparire. Ormai attraverso i social c’è un rapporto con la società estremamente schietto».

Come è nata l’idea di Samia?
«Grazie a un episodio che ha vissuto mia madre, che fa l’insegnante a Pisa, e che mi ha raccontato. Era una situazione analoga, una sua alunna di origine somala aveva ricevuto delle lettere minatorie per il semplice fatto di essere di colore».
 
Una storia a lieto fine?
«Purtroppo no. La vicenda reale si è conclusa male, è finita anche sui giornali. Mia madre era molto legata a questa ragazza. Anche la mia Samia è molto brava a scuola».
 
Si definirebbe una femminista?
«Non mi definisco una femminista ma una ‘femminile’».
 
Che significa?
«Mi piace ciò che è femminile, il modo in cui ragionano le donne, in cui si prendono cura degli altri e della propria condizione e come si stanno affermando in questo periodo storico. Sono molto attratta da questa fase, è in atto un cambiamento importante».
 
Approva le quote rosa?
«Credo che siano una scelta ingiusta, un contentino che anzi esclude il problema reale, che è quello della meritocrazia. In fondo la meritocrazia non riguarda né gli uomini né le donne ma tutti in generale. Meglio un uomo in gamba che una donna incapace, anche se in generale in posizione apicale ci finiscono gli uomini, e non sempre quelli in gamba, tra l’altro».
 
Il velo per Samia come viene vissuto?
«Mi piaceva sottolineare che per lei non era una limitazione ma anzi un mezzo per affermare la propria personalità e identità culturale. Naturalmente non per tutte le ragazze che portano il velo è così, ma per quelle che hanno una situazione sana in famiglia, come la protagonista del mio romanzo, può essere tranquillamente così».
 
Trova differenze tra scrittura al femminile o al maschile?
«Ho sempre amato molto la scrittura maschile perché la trovo più asciutta, ma è una questione di gusti, soggettiva. Mi piacciono gli americani come Philip Roth o Francis Fitzgerald, lo stile a volte molto crudo, ma anche gli inglesi come Nick Hornby o Chuck Palahniuk».
 
Tra le donne?
«Per esempio Sofi-Elina Oksanen e Margaret Mazzantini. Sebbene pensi che spesso l’uomo riesca ad essere più crudo e la donna più introspettiva, emozionale ed emotiva, paradossalmente nell’ultimo anno e mezzo ho letto molti libri di donne. Forse sto cambiando, mi sto avvicinando a una scrittura diversa, più dolce e riflessiva, attenta ai sentimenti e alle sfumature dell’animo».
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