Di scrittura, scelte, figli, donne e uomini, Quando Clara Sereni raccontava che per andare lontano basta una Smart

Clara Sereni
di Vanna Ugolini
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Giovedì 25 Luglio 2019, 14:30 - Ultimo aggiornamento: 14:31
A un anno dalla morte di Clara Sereni, riproponiamo un'intervista concessa al Messaggero nel 2010, quando la scrittrice decise di andare a vivere in una residenza privata e fece una sorta di bilancio della propria vita. Affetta da un male incurabile, optò per l'eutanasia, avvenuta in Svizzera il 25 luglio 2018. Clara Sereni si impose all'attenzione della critica e del pubblico con Sigma Epsilon (1974), una rivisitazione in chiave autobiografica del frenetico impegno politico che aveva caratterizzato la sua generazione. La sua seconda opera, Casalinghitudine, scritta tredici anni più tardi, è una specie di ricettario in cui ogni piatto è legato a un momento particolare del proprio passato, a un ricordo incancellabile, seguirono i racconti di Manicomio primavera (1989) e il romanzo Il gioco dei regni (1993).

La decisione deve averla meditata a lungo, soprattutto nei giorni in cui qualche acciacco fisico l'ha obbligata a un riposo forzato - e un po' solitario - in casa. Poi, come sempre accade, alla lunga meditazione è subentrata una decisione veloce: lasciare la casa di via Pellas, i libri, i ricordi, le belle librerie di legno scuro, i quadri. E trasferirsi in mini-appartamento al sodalizio di San Martino. Un luogo che a quasi tutti evoca il viale del tramonto ma che per lei, Clara Sereni, scrittrice, politica, madre di Matteo, significa l'alba di un nuovo sentiero, da vivere e anche per «lasciarsi vivere». Passando attraverso la necessità di scegliere e poi portare con sè l'essenziale.  Immaginiamo che, dopo aver avuto una vita così vissuta, complessa e ricca, non sia stato facile fare delle scelte (fosse stata un uomo, l'avremmo trovato ”annidato” da qualche donna in grado, soprattutto, di prendersi cura di lui. O no?).

Questione di scelte. Ma, alla fine, la scelta è stata quella giusta, una decisione forte che gronda energia - se la luminosità dello sguardo non tradisce.  C'è la consapevolezza che «quando ho fatto delle scelte, ecco in quel momento erano giuste. Una riflessione che ho fatto proprio poco tempo fa». E, anche la serenità «pur fra mille enormi amarezze e fatiche, di potermi guardare in faccia, al mattino, davanti allo specchio. Mi sembra di essere stata nel giusto. Non devo chiedere scusa a nessuno. Anzi, forse solo a me».  Così, ecco che le cose più preziose sono state regalate agli amici, quelle meno importanti vendute. I libri di cui era foderato tutto il suo appartamento sono stati donati alla biblioteca con un'unica clausola: poterli rivedere ”a domicilio” tutte le volte che la necessità della scrittura o della nostalgia lo richiederanno. Nel piccolo appartamento è arrivato un bel divano giallo per l'ospitalità di una persona cara, il letto in ferro battuto chiaro, qualche libreria, le mensole con le foto di famiglia, la scrivania, il computer, lo stereo per la musica e il lettore Dvd per i film. La cucina è piccola «ma sufficiente per poter cucinare le mie minestre». Per il resto c'è il ristorante al piano di sotto. E fuori, le porte finestre danno su un bel terrazzo che è già pieno di piante, in parte comprate «in parte ”rubate” e fatte crescere qui» mentre i raggi del tramonto si infilano sotto la fessura della porta. 

Andare lontano. In fondo, nessuno si stupisce se, per praticità, si passa da un station wagon ad una Smart. Si può sempre andare lontano. La vita trasforma, accettarlo fa diventare il cambiamento una risorsa, non un limite. E la vera forza non è la durezza ma la capacità di essere flessibili per non finire schiantati a terra dal vento di tempesta. E poi, soprattutto, Matteo, quel figlio tanto amato che ormai è diventato grande, ha approvato la nuova casa della mamma: ”Va bene!” ha detto. Non c'è niente di meglio che una scelta radicale, dunque, per ricominciare.  Ricominciare poi a fare quel lavoro di scrittura che è analisi del mondo, libera da alcuni pesi del quotidiano. Non è un caso che il titolo provvisorio del libro a cui ora la Sereni sta lavorando, sia ”L'Italia è una Repubblica fondata sulle stragi”, e per la prima volta per lei potrebbe essere un giallo. E poi, ora che ogni giorno convive con l'essenziale, dal suo nuovo osservatorio privilegiato può pensare anche a quanto accade.  E sulle parole delle donne, che lei ha ben conosciuto, sulle voci al femminile che sembrano sempre più fioche, continua a pensare. «Ci sono in giro tali e tanti veleni che ci vorranno anni e anni per risanarli. Il peggio l'ho visto con la vicenda Englaro, quando Berlusconi dichiarò: ”Può fare un figlio”. Ecco, lì il corpo della donna è stato relegato a puro strumento di procreazione. Terribile. In un paese che non ha mai smesso di essere stato machista, certi pensieri sono sempre stati presenti ma erano concetti che non si potevano esprimere. Ora, invece, si possono propagandare». E' la «caduta delle barriere di etica collettiva».

Le donne Ma anche le donne, alla fine, non si fanno sentire più di tanto. E, anzi alcune stanno al gioco, complici loro stesse di chi le vuole comprare, sfruttare, manipolare. «Io ho vissuto una fase storica in cui l'egemonia culturale era il femminismo. Ora l'egemonia culturale è un'altra e c'è chi si adatta. Mi dispiace da morire per queste ragazze, ma non mi stupisco».  Certo è che oggi l'affermazione professionale per una donna è sempre più difficile mentre c'è una sovraesposizione dei corpi delle donne.  «Più la situazione economica è difficile più le donne faticano a capire la loro differenza. Le ragazze, oggi, non si sentono discriminate rispetto agli uomini almeno fino a quando fanno un percorso di studio. Poi, invece, tutti i problemi emergono con l'ingresso nel mondo del lavoro». E lì le difficoltà vengono fuori subito, a partire, ancora una volta, dal corpo delle donne, dalle difficoltà che emergono quando si fa la scelta della maternità.

Lo sa anche lei, Clara: «Guardando indietro nella mia vita mi rendo conto che ho fatto molte scelte privilegiando la famiglia. Anche dicendo ”no” a un'importante offerta di lavoro come giornalista. Era il momento in cui i miei libri cominciavano ad affermarsi, ho preferito questo percorso».  «C'è anche da dire un'altra cosa: ci sono almeno due generazioni che hanno perso il senso del desiderio e del progetto. E' prevalso il concetto che oggi si può comprare tutto e subito. Compreso il corpo delle donne». E allora, cosa fare?

La lobby fra donne. «Bisogna rafforzare non solo l'identità ma anche le lobby fra donne. La situazione è resa ancora più dura dal fatto che, quando si arriva a essere in posti importanti si è sempre sole. E poi, è tutto talmente da ricostruire che anche le piccole aggregazioni sono preziose».  Certo che anche gli uomini sembra abbiano sempre meno voglia di rapporti alla pari... Quanti, una volta che diventano ”grandi” lasciano mogli coetanee per donne più giovani e con meno pretese di... parità. «Beh, quelli della mia generazione, come dire, li abbiamo tirati su bene ma abbiamo anche ”picchiato tanto”, non abbiamo concesso niente. Alla fine si sono stancati...vogliono di nuovo la mamma. O, scherzi a parte, vogliono una vita più leggera. Quello che noi chiamiamo scelte gli uomini le chiamano sacrifici». E quindi, tornano indietro. «In parte sì. Quelle che di noi hanno fatto un percorso, invece, indietro non ci tornerebbero mai. D'altra parte noi abbiamo perso solo le catene, loro i privilegi».
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