Sara uccisa dall'ex, l'avvocato: «La sentenza della Cassazione potrebbe salvare altre ragazze»

Sara uccisa dall'ex, l'avvocato: «La sentenza della Cassazione potrebbe salvare altre ragazze»
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Giovedì 12 Dicembre 2019, 17:52 - Ultimo aggiornamento: 18:00

La sentenza sul caso di Sara Di Pietrantonio potrebbe salvare la vita di tante ragazze e di tante donne. Prima di essere strangolata e bruciata dall'ex fidanzato Sara è stata per anni perseguitata dal suo assassino. «Una tortura psicologica - spiega l'avvocato di parte civile della madre di Sara, Stefania Iasonna - attraverso un controllo pressante e una sistematica demolizione della sua identità». Vincenzo Paduano, l'ex guardia giurata che il 29 maggio del 2016 ha ucciso e dato alle fiamme la ex che non lo voleva più, è stato condannato all'ergastolo per omicidio e stalking, due reati separati. Il secondo - lo stalking - non può essere riassorbito dal primo - l'omicidio - come ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione chiedendo un nuovo processo di appello per Paduano. L'appello bis ha aumentato la condanna dai 30 anni all'ergastolo.  

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«Nel caso di Sara la Corte di Cassazione ha riconosciuto il reato di atti persecutori come autonomo rispetto all’omicidio aggravato dallo stesso reato - spiega l'avvocato Iasonna -  una sentenza storica, che potrà rappresentare un precedente anche in termini di prevenzione». Potrà questa sentenza salvare la vita di altre ragazze? É la domanda a cui si proverà a dare una risposta nel corso del convegno che si terrà domani presso l'Aula magna della facoltà di Architettura dell'università Roma Tre: “Sara, una sentenza storica per il cambiamento culturale”, organizzato dalle associazioni culturali Amore e Psiche e Cassandra D e patrocinato dalla Regione Lazio e dal dipartimento di Architettura di Roma Tre. Il convegno si aprirà con la proiezione di un estratto del docufilm “Sara”, scritto da Daniele Autieri, Giuseppe Scarpa e Stefano Pistolini.
 

 


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«L'idea del convegno nasce dalla recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Sara che ha confermato la centralità del reato di atti persecutori, riconducendo di fatto la pena per l’omicida all’ergastolo», spiega Barbara Pelletti, presidente dell’associazione Cassandra D e psichiatra consulente di parte civile della madre di Sara Di Pietrantonio. «La pronuncia assume un alto valore simbolico e segna un passo decisivo verso il cambiamento culturale perché focalizza per la prima volta l’attenzione sulle dinamiche che precedono i comportamenti aggressivi e si nascondono nel pensiero, storicamente e culturalmente determinato, dell’uomo che agisce contro la donna».

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«I giudici finalmente si sono interessati a quello che c'era prima dell'omicidio: la relazione di sopraffazione», aggiunge l'avvocato Iasonna. «Quando Sara ha rotto il legame, la violenza psicologica è diventata violenza fisica fino a sfociare nell'omicidio.  Questo importante risultato non sarebbe stato possibile senza la collaborazione tra un avvocato e uno psichiatra, che ha permesso di entrare con occhio esperto nella dinamica relazionale tra Sara ed il suo persecutore per individuare quella violenza invisibile, subdola. È stato possibile, così, inquadrare quei comportamenti nel reato di stalking che Sara aveva subito per circa due anni prima della sua uccisione». Attraverso le migliaia di messaggi sul telefonino di Sara (buttato da Paduano in un contenitori per rifiuti e casualmente trovato da un netturbino) l'avvocato e la psichiatra hanno scoperto che Paduano perseguitava Sara.

Ci sarà anche la mamma della ragazza che insieme all'associazione Cassandra D va in giro per le scuole a raccontare la storia della figlia per mettere in guardia le ragazze da questa violenza invisibile. «É stato un dolore immenso per me leggere quei messaggi - ripete Rita Raccuia - ho sofferto quasi come quando l'ho vista bruciare». 
 


Interverranno anche il procuratore aggiunto, capo del pool antiviolenza della Procura di Roma, Maria Monteleone, l’avvocato di parte civile della ong Differenza Donna, Teresa Manente,  Maurizia Quattrone, commissario capo della polizia che ha svolto le indagini sul caso di Sara. «Il dibattito vuole essere l’occasione per riflettere sugli aspetti giuridici e culturali della sentenza e sugli effetti che potrà produrre nella società civile - conclude Irene Calesini, psichiatra e presidente dell’associazione culturale Amore e Psiche - e anche su una  mentalità che nega e annulla la donna e che fa da humus ai comportamenti criminali».

 

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