Pregiudizi e sessismo, la battaglia della Svezia per abbattere gli stereotipi

Magnus Liam Karlsson/imagebank.sweden.se
di Maria Lombardi
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Mercoledì 9 Ottobre 2019, 09:27

La camicia a quadri è la stessa, per lui e per lei. Nel catalogo di una linea di abbigliamento americana lui la indossa senza mettersi in posa, lei la solleva fino a mostrare gli slip. Il top manager  in copertina è serio, in giacca e cravatta. La donna ai vertici è sdraiata sul divano. Lo chef stellato ha la divisa bianca, la collega altrettanto famosa mostra la spalla nuda.

Anche sulla rivista per la pesca c'è la modella sexy. Sui cartelloni per pubblicizzare l'olio per motori una donna con una superscolatura. E ancora: nella maggior parte delle immagini lei sta in casa, si mostra passiva, silenziosa e comprensiva, o è bella o è brutta, o è magra o è grassa. Lui, al contrario, è sempre in giro, sembra attivo, coraggioso, forte, è preferibilmente alto e bruno. Stereotipi e sessismo della pubblicità e della comunicazione. In Svezia si prova a cambiare. Lo Swedish Institute ha proposto al ministero degli Esteri una guida per una comunicazione più egualitaria.

Se ne è parlato in un seminario alla Casa internazionale delle donne con Christina Knight, la direttrice creativa dell’agenzia pubblicitaria svedese The amazing society, Livia Podestà, responsabile della comunicazione e delle pubbliche relazioni allo Swedish Institute di Stoccolma e Maura Misiti, dell'Irpps e coordinatrice di alcune progeti per affrontare le disparità di genere nel settore cinematografico e audiovisivo.


«Where are the Mad Women?», il titolo del seminario si ispira alla serie "Mad men", la serie tv sul mondo pubblicitario di New York negli anni Sessanta . Dove sono le donne nella pubblicità? In secondo piano o mezze svestite. Donne oggetto, il che ha gravi conseguenze. «L'oggettificazione del corpo delle donne nei media porta ad avere un minor numero di posizioni di leadership femminile - spiega Livia Podestà - senza contare che tende a far crescere il sessismo e anche le violenze». Tanto più che il sesso non fa vendere, si è visto che le aziende che puntano a una comunicazione paritaria  hanno risultati miglioni.

In Svezia hanno capito che la parità di genere porta vantaggi a tutti. Da uno studio risulta che i papà svedesi che si occupano degli figli vivono 4 anni di più e nelle coppie in cui la divisione del lavoro in casa è equilibrata si fa più sesso. E cominciano ad essersi esempi di comunicazione che fa attenzione a non cadere in stereotipi e sessismo. La pubblicità dell'esercito con il soldato che si tinge il viso con i colori dell'arcobaleno, il capo della comunicazione che in un servizio si fa fotografare sdraiato il divano, o l'infermiere nero (norvegese) con il neonato.

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Sono solo i primi passi, ancora tanto c'è da fare. Perchè la comunicazione è così sessista? «La maggior parte dei creativi sono uomini», spiega  Christina Knight che da anni si batte per rendere l’industria più consapevole ed egualitaria.  Tre i principi a cui si ispira la guida presentata dallo Swedish Institute per una comunicazione paritaria: «Contare quanti uomini e quante donne sono presenti nell'immagine; includere senza evidenziare le diversità; evitare stereotipi».

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