Anna, stuprata e trovata morta. La sorella: «L'hanno uccisa ma non ci sarà processo per omicidio»

Anna, stuprata e trovata morta sotto un tunnel: non c'è l'accusa di omicidio
di Stefano Buda
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Martedì 26 Novembre 2019, 15:01 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 12:02

Scendono in piazza affinché quanto accaduto alle loro figlie e sorelle non sia dimenticato. Chiedono verità, giustizia e che chi ha ucciso sconti la propria pena fino in fondo. Sono i familiari delle vittime di femminicidio si sono ritrovati davanti al palazzo di giustizia di Pescara, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, per partecipare al sit-in organizzato da Codice rosso, quest’anno dedicato ad Anna Carlini.

«Giustizia per Anna. Anna nei nostri cuori», si legge sullo striscione più grande. Anna è la donna stuprata e trovata priva di vita, lungo il tunnel della stazione di Pescara, nell’agosto del 2017. I responsabili sono stati rinviati a giudizio per violenza sessuale e omissione di soccorso aggravata, ma non per omicidio, come invece si aspettavano i familiari. «Il 30 gennaio si terrà la prima udienza e se non cambierà il capo di imputazione sono pronta a incatenarmi - dice Isabella Martello, sorella della Carlini - Anna è stata uccisa, due figli non hanno più una madre e noi ci chiediamo come sia possibile sopravvivere quando non c’è nemmeno un po’ di giustizia».

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Anche verità e certezza della pena sono le parole più ricorrenti. Il pensiero va ad Anna, ma anche alle altre, troppe donne, che in Abruzzo sono state uccise. Su uno striscione, di colore nero, le immagini e i nomi delle 12 vittime più recenti: Melania Rea, Aliona Oleinic, Jennifer Sterlecchini, Mihaela Roua, Giulia Di Sabatino, Ester Pasqualoni, Monia Di Domenico, Fatime e Senade Selmanaj, Laura Pezzella, Letizia Primiterra e Anna Carlini. Un bollettino di guerra. «I familiari si sono stretti l’uno con l’altro per darsi forza - dice Adele Di Rocco di Codice rosso - Vivono per avere un po’ di giustizia e la magistratura deve dare un segnale forte affinché i colpevoli paghino senza sconti». Come nel caso di Jennifer Sterlecchini, la ragazza di 26 anni uccisa a Pescara dall’ex fidanzato, con 17 coltellate, nel dicembre del 2016. Il colpevole è stato condannato a 30 anni, «ma sappiamo bene che non li farà tutti, mentre mia figlia è sotto terra - sottolinea la madre Fabiola Bacci - Non si può più andare avanti con permessi, premi e sconti di pena».

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In prima linea anche i genitori di Giulia Di Sabatino, la 19enne di Tortoreto precipitata da un cavalcavia nel 2015. Tre persone erano state inizialmente indagate per istigazione al suicidio, ma poi è arrivata l’archiviazione. «Hanno archiviato senza una spiegazione - scuote la testa Mery Koci, madre della ragazza - È stato come se mia figlia non fosse mai esistita, mentre dei delinquenti sono a piede libero». 

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