I padri vogliono più tempo per i figli, ma il 75% non si sente tutelato sul lavoro: «Ancora troppi stereotipi»

I padri vogliono più tempo per i figli, ma il 75% non si sente tutelato sul lavoro: «Ancora troppi stereotipi»
di Maria Lombardi
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Domenica 16 Febbraio 2020, 12:10 - Ultimo aggiornamento: 13:42

Prima ha imparato a cambiare il pannolino, poi a dare la pappa. Poi a misurare la febbre e a riconoscere se la tosse è secca o grassa. Poi ha scoperto d'essere più paziente di quel che immaginava: i primi passi, l'asilo, il parco, il pallone, i Lego e le Barbie. I capricci, il sonno che non arriva mai. I viaggi in macchina. Ogni giorno ce n'è una nuova, una fatica fare il papà (e non parliamo della mamma) che a volte i problemi in ufficio sembrano passeggiate. Appunto. Ce ne vogliono di abilità e ci si sorprende d'esser così cambiati. Più tolleranti, pazienti, empatici, più adulti. Perché allora non portare sul lavoro questo bel bagaglio di esperienza?

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La paternità nel curriculum, come un master.
Vuoi mettere quanto impegno richiede la famiglia rispetto a un qualsiasi altro corso, anche il più difficile? E quanta intelligenza ci vuole per capire quando alzare la voce e quando no, quando lasciar correre e quando invece insistere? «Diventare genitori è un cambiamento identitario. L'essere padre accresce l'intelligenza emotiva che nessuna lezione in aula può insegnare, migliora la capacità di ascolto e l'empatia. I papà acquisiscono una nuova forma di leadership: la leadership generativa, fanno crescere gli altri, individuano talenti e li valorizzano piuttosto che continuare ad affermare la propria superiorità. Bisogna superare la barriera artificiale tra famiglia e lavoro», è questa la sfida di Riccarda Zezza, CEO Life Based Value, l’azienda HR-tech che offre un programma di formazione digitale per neo-papà (e neo-mamme e figli che si prendono cura dei propri genitori) al lavoro.

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Master Child, si chiama così, è dedicato ai genitori (mamme e papà) con figli fino ai 3 anni e applica il metodo di formazione MAAM. Il senso è questo: trasformare le esperienze della vita dei dipendenti - in questo caso diventare genitori - in master in competenze soft. Finora i padri che hanno partecipato al programma sono oltre 2.700 di 70 aziende clienti Life Based Value (tra cui cui Danone, Enel, Italo-NTV, Linkem e Poste Italiane) le mamme sono più di 5.000. Il 78% dei papà dice di volersi iscrivere al Master online per migliorare le competenze soft. L’80% per scoprire di più rispetto alla genitorialità. «Sappiamo che la formazione in competenze soft dei dipendenti porta a un aumento della produttività del 12%, e a un ritorno sull’investimento fino al 250%. E l'84 per cento dei padri che hanno preso parte al master dicono di sentirsi più forte alla fine del programma
».

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Non ci sono nozioni da imparare, è la vita che insegna: il metodo è il life based learning. La tecnica è la transilienza, ossia la capacità di trasferire le proprie competenze da casa al lavoro e viceversa.


Quali ostacoli incontra un padre oggi? «Il 42 per cento di quanti hanno partecipato al programma sottolinea l'esistenza di ostacoli culturali», spiega Riccarda Zezza. «Ci sono ancora troppi pregiudizi e stereotipi sui padri. Sottrarre tempo al lavoro per dedicarlo alla famiglia è ancora inconcepibile, chi lo fa è stigmatizzato. Sopravvive l'idea che il padre lavora e la madre bada ai figli, con la conseguenza che i padri si sentono invisibili e con un'identità debole e ancora tutta da costruire».

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E poi c'è la questione tempo, troppo poco. «Il 35 per cento sottolinea la difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare e vorrebbe più tempo per stare con i figli e con la madre».

I giorni di congedo obbligatorio per i padri sono appena sette, l'ultima legge di bilancio ne ha concessi due in piu, adesso si vorrebbe arrivare a 15. «Solo il 15 per cento dei padri prende il congedo - aggiunge Riccarda Zezza - il 75 per cento dice di non sentirsi abbastanza tutelato. Il tempo del congedo andrebbe bilanciato in egual misura tra i genitori. Il problema sta nel modo in cui definiamo e quindi consideriamo il periodo di astensione dal lavoro: “congedarsi” vuol dire andare via, mentre chi si assenta dal lavoro per prendersi cura dei figli è più presente che mai nella società e sta anche migliorando competenze ed equilibri in un modo che avrà un ritorno positivo sul proprio lavoro. Non si tratta quindi di un congedo, ma di una vera e propria trasferta: per le madri come i padri».

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E quanto è prezioso il tempo che i papà dedicano alla famiglia. «Le ricerche indicano che la maggiore presenza paterna ha benefici su molte dimensioni: oltre a migliorare l’intelligenza emotiva dei padri, ha un impatto positivo sulle performance scolastiche dei figli e diminuisce i conflitti nella coppia. Quando i padri prendono il congedo le probabilità di separazione diminuiscono dell'8,3 per cento».


 

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