Orvieto, Lady Vetrya a caccia di ingegneri donne: «Sviluppano algoritmi più creativi e attenti»

Orvieto, Lady Vetrya a caccia di ingegneri donne: «Sviluppano algoritmi più creativi e attenti»
di Vincenzo Carducci
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Mercoledì 24 Luglio 2019, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 17:22

Non chiedetele di parlare di lei perché lei parlerà comunque di squadra, di "loro" e di “noi”. Lei è Katia Sagrafena, recentemente inserita tra le 50 donne più influenti d’Italia da Inspiring Fifty e tra le 100 "vincenti" da Forbes. Loro sono Katia e Luca Tomassini, creatori di Vetrya ite della fondazione che ne porta il nome, ma “loro” sono anche i giovani dipendenti di quella che siamo abituati a chiamare “la Google italiana”. Almeno fino a ora.

La Google italiana «Ho incontrato negli Usa il Cfo di Apple - dice Tomassini - e mi ha detto che se avessimo creato Vetrya nella Silycon Valley saremmo stati considerati come Apple». Un sodalizio vincente nella vita e nel lavoro, gomito a gomito h24. Luca ha sviluppato un algoritmo secondo il quale abbiamo già festeggiato i 50 anni di matrimonio di una coppia normale», dice sorridendo la Sagrafena. A "loro" aveva anche pensato la politica, corteggiati per le recenti elezioni comunali. «Io in politica? Assolutamente no», si schernisce la Sagrafena alla quale riconoscimenti e attestati di stima fanno piacere ma non vuol sentir parlare di classifiche.

«Sono contraria - afferma - anche perché non è solo merito mio e dietro il modello vincente che gli altri vedono c’è l’impegno, lo studio, la ricerca e un grande lavoro di squadra». Ed è perfino “offensivo”, aggiunge, fare ancora distinzioni tra uomo e donna. Eppure nel settore digitale il divario di genere è tra i più alti.

Tante donne in azienda Un gap che a Vetrya, dove il 45% del personale è donna, si cerca di colmare. «Qui abbiamo un mini campus che accoglie i figli dei dipendenti dai 13 mesi ai 10 anni anche dopo la scuola - dice la Sagrafena - per consentire alle mamme di avere le stesse opportunità degli uomini. Questo settore può offrire alle donne grandi opportunità e nel 2030 se non si dedicheranno alla tecnologia saranno tagliate fuori da tutti i campi». Anche perché potrebbero avere una marcia in più rispetto ai colleghi maschi.

«Il futuro è rappresentato dall’intelligenza artificiale - spiega Sagrafena - ovvero algoritmi che devono essere sviluppati da un Dna madre su cui lavora l’uomo. Secondo uno studio del Mit di Boston il Dna sviluppato dalle donne è diverso grazie a un approccio più creativo e attento». Insomma anche nella scrittura dei codici si dimostrerebbero più sensibili «ma forse anche questo è soltanto un altro stereotipo», aggiunge la Sagrafena.

A caccia di cervelli. Il punto è che, al di là del genere, Vetrya è a caccia di menti. «La nostra materia prima sono le persone, qui non c’è manodopera, servono cervelli», dicono con un obiettivo ancora più alto: cercarle sul territorio. No, non è una questione campanilistica ma la necessità di creare e sviluppare un’ecosistema favorevole allo sviluppo del digitale. Quello che nei piccoli centri come Orvieto è difficile da coltivare rispetto alle grandi città dove stimoli e concorrenza sono molto più alti. «Ecco perché abbiamo aperto gli spazi della nostra azienda alla comunità con tecnologia, iniziative, mostre: per formare nuove idee e aprire ai giovani mondi diversi». «Non ci pentiamo di aver scelto Orvieto qui i vantaggi sono tantissimi a partire dalla qualità della vita che è fondamentale per chi scrive codici software. L’unico problema è attrarre risorse umane per via della lontananza dai poli formativi».

Troppo lontane, non solo geograficamente, le università di Perugia, Viterbo e Roma, da qualche tempo è stato aperto un ponte con la Luiss ma la verità è che bisognerebbe tentare di riportare dei corsi sulla Rupe come quelli in Ingegneria delle telecomunicazioni dei primi anni Duemila. «Un modello assolutamente ripetibile», sostiene Tomassini. Non che manchino le richieste per venire a lavorare a Vetrya, più volte eletta “Best place to work”, visto che ogni anno arrivano circa 5.500 curricula da tutta Italia «ma perché noi investiamo tanto sulle persone, un ingegnere informatico diventa produttivo dopo 9 mesi e non vogliamo che venga qui solo di passaggio». La sfida della tecnologia che cresce in un borgo antico è aperta. 

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