«Noi operatrici scolastiche, a casa dai bimbi solo per amore», le storie nascoste dell'emergenza

«Noi operatrici scolastiche, a casa dai bimbi solo per amore», le storie nascoste dell'emergenza
di Lorenzo Pulcioni
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Venerdì 27 Marzo 2020, 14:15

Gli angeli con guanti e mascherina non stanno solo nelle corsie degli ospedali e dentro le ambulanze. Nell’emergenza Coronavirus, con la chiusura di scuole e centri diurni, ci sono anche gli operatori scolastici che arrivano a casa per garantire ai ragazzi con disabilità un percorso che la didattica a distanza non può sempre garantire.

«Ce la mettiamo tutta, ma lavorare a casa non dà gli stessi risultati che a scuola» dice Simona, educatrice socio-pedagogica dopo le prime ore passate a casa di Tommaso, un bambino che vive a Terni. Un bambino di 8 anni con una grave forma di autismo, che conosce bene e anche da questo è dipesa la sua scelta. «Ho accettato perché gli sono molto affezionata – racconta – siamo in emergenza ma dobbiamo fare tutti del nostro meglio per uscire da questa situazione». La difficoltà maggiore dopo la chiusura delle scuole è quella di riprendere una routine interrotta da oltre un mese di vita sospesa: «Lavorare a casa non aiuta il bambino a concentrarsi, ma soprattutto viene a mancare la relazione con gli altri bambini. In questi giorni abbiamo mantenuto il contatto attraverso video, canzoncine e vocali. Era importante che continuasse a vedermi. Essere costretto a stare in casa chiaramente non lo aiuta».

Agli operatori scolastici è chiesto un grande sforzo professionale e umano. Intanto sono costretti ad operare dotati di guanti, mascherine e disinfettanti. Che se sono carenti negli ospedali, figurarsi per loro: «Parliamo di ragazzi per i quali il contatto fisico è molto importante. Hanno bisogno di sentire l’abbraccio, di vivere e comprendere anche attraverso l’uso dei sensi. Mentre noi dobbiamo stare a distanza di sicurezza e con bambini molto affettuosi diventa difficile».

Non tutte le famiglie hanno accettato il sollievo domiciliare preferendo evitare ai propri figli contatti con l’esterno. Il servizio è partito dopo la mappatura di 230 famiglie dove sono state individuate le necessità di ciascuno. Decine di operatori in questa emergenza si prendono cura a domicilio di bambini e adulti con disabilità di vario tipo. Ci sono gli assistenti scolastici e chi si occupa normalmente di altre attività come la gestione di centri diurni e residenziali. Chi è impegnato ad aiutare a fare i compiti, chi è specializzato nel recupero post-trauma.

«Anche noi siamo a rischio. A casa ho due figli di 14 e 18 anni che la mattina fanno didattica online e il pomeriggio passano il tempo come possono. Lo stipendio? Diciamo che per fortuna mio marito lavora. Siamo tutti un po’ in confusione, ma in questa emergenza dobbiamo resistere. Solo così possiamo uscirne».

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