La Corte di giustizia europea boccia l'Italia: alle vittime di violenza va garantito un «risarcimento adeguato»

La Corte di giustizia europea boccia l'Italia: alle vittime di violenza va garantito un «risarcimento adeguato»
di Maria Lombardi
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Lunedì 20 Luglio 2020, 20:25 - Ultimo aggiornamento: 21:46

Stop ai risarcimenti beffa. Chi ha subito una violenza non può essere liquidato con qualche migliaio di euro. La Corte di Giustizia Ue ha bocciato l'Italia che aveva negato un risarcimento di Stato a una vittima di stupro ribadendo che le vittime hanno diritto a un indennizzo adeguato e non solo simbolico. Quattromila e ottocento euro sono una cifra ridicola. L’indennizzo di Stato - sottolinea la Corte -  «non può essere equo e adeguato, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime e non rappresenti, quindi, un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito». I giudici di Bruxelles si sono pronunciati sul caso di una donna italiana stuprata nell'ottobre 2005.  La donna avrebbe dovuto ottenere un risarcimento di 50mila euro dai suoi violentatori, condannati a 10 anni e mezzo,  che però si erano resi latitanti. Lo Stato italiano le aveva allora concesso un indennizzo di 4.800 euro che però il giudice riteneva che non fosse «equo ed adeguato», soprattutto ai sensi delle direttive comunitarie che stabiliscono il diritto al risarcimento per violenze subite in Europa.


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La vittima della violenza, una donna di Torino, aveva chiesto allo Stato italiano di essere risarcita, come prevede la convenzione europea, dal momento che dai colpevoli, fuggiti, non avrebbe potuto ottenere nulla. Secondo la direttiva europea (la 80/2004) gli Stati membri dell’Unione devono garantire l'incolumità dei cittadini che circolano liberamente e qualora sono vittime di un reato e gli autori non possono risarcire - perché senza reddito o fuggiti - deve farlo lo Stato. L'Italia ha recepito la direttiva nel 20017 applicandola solo agli stranieri aggrediti in Italia. E così viene negato l'indennizzo a una cittadina italiana stuprata nel suo paese. 

Il tribunale di Torino, nel 2010, aveva già riconosciuto l’inadempienza della Presidenza del Consiglio per la mancata attuazione della direttiva europea, una sentenza che poi è stata confermata nel 2012 dalla Corte d’appello: alla ragazza furono riconosciuti 50mila euro. Contro questa decisione, il governo aveva fatto ricorso in Cassazione che ha poi rimesso la causa davanti alla Corte di Giustizia europea. La Corte di Giustizia europea ha risposto alla Cassazione che l'indennizzo deve essere
«equo e adeguato» in modo da ricompensare i danni subiti dalla vittima, spetta allo Stato stabilirlo. E ha inoltre chiarito che ogni Stato deve dotarsi di un sistema di indennizzo per le vittime di reati violenti commessi nel proprio territorio, e non solamente quelle in una «situazione transfrontaliera»

«Ben venga il pronunciamento della Corte di giustizia europea: la quantificazione del ristoro economico deve essere  in grado di solleare dagli effetti negativi e dalle conseguenze che la violenza ha provocato», commenta l'avvocato Andrea Catizone, direttrice del dipartimento Pari opportuninità delle Autonomie locali italiane, impegnata nella battaglia alla violenza sulle donne.  «In reati come le violenze sessuali che lasciano ferite indelebili il risarcimento dovrebbe essere ancora più corposo. Tante volte invece gli indennizzi sono prese in giro e per le vittime rappresentano un altro colpo. Questa è una delle ragioni per cui le donne tante volte faticano a credere nella giustizia. Si è previsto un fondo destinato alle vittime nel caso in cui lo stupratore non abbia i soldi per risarcire, ma è ancora un poco complicato accedervi».  
 

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