Alessia: «Il terremoto ci ha portato via tutto, ma siamo ripartiti»

Al centro Alessia Brandimarte con la sua famiglia a Norcia area terremotata del Centro Italia
di Rosalba Emiliozzi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Luglio 2019, 12:09 - Ultimo aggiornamento: 12:55

Si era quasi decisa Alessia ad andare via dalla sua  Norcia, acquistare un casolare tra Foligno e Colfiorito e ricominciare lì l’attività, il caseificio distrutto dal terremoto. A tentennare sono stati gli uomini della sua famiglia, papà Maurizio e il marito Angelo. «Mamma l’avevo quasi convinta, ma mio marito mi ha detto che non si sarebbe mai spostato e so che anche mio padre alla fine sarebbe rimasto a Norcia, allora tutti insieme abbiamo deciso che dovevamo ricominciare nel nostro paese, nonostante tutti i problemi» dice Alessia Brandimarte, 35 anni, al timone della nuova attività  produttiva. Anche questa mattina è al lavoro al caseificio, ricostruito sulla Piana di Santa Scolastica, in località Mosciano, dove i Brandimarte hanno deciso di allargare l’attività con un’area camper «perché con il terremoto si è sviluppato questo turismo» dice Alessia.

Sfilata di pancioni a Norcia, ecco le mamme del terremoto: «Così superiamo la paura del futuro»

I Brandimarte sono una bella famiglia. Mamma Anna Maria, 58 anni, papà Maurizio 62, le figlie Alessia e Simona, 29 anni, i loro mariti, due figli, un terzo in arrivo. «Viviamo in otto in un’unica casa e presto saremo in nove - dice Alessia - questa casa ce la siamo ricostruita da soli, stiamo tutti insieme, ma dopo tre anni ho l’esigenza immediata di avere una casa tutta mia, ma la ricostruzione è lenta». La famiglia Brandimarte ha dato precedenza all’azienda agricola, completamente distrutta dalla scossa del 30 ottobre del 2016. Crollati stalla, magazzino, caseificio. «Salvi per miracolo il nostro dipendente, mamma e papà che erano al lavoro», racconta Alessia. Dalle macerie sono state estratte 280 pecore e agnelli, altri cento capi erano morti. 

Alessia ha visto «la disperazione» negli occhi del padre e della madre. Il lavoro di intere generazioni spazzato via, il benessere conquistato con tanta fatica messo in pericolo. È stata lei, forte e determinata, a riprendere le fila della famiglia e, con coraggio, a ripartire. «Per un mese e mezzo abbiamo tenuto le pecore in un prato recitato, poi abbiamo comprato un tunnel e le abbiamo messe al riparto per l’inverno». Da bravi imprenditori, per mandare avanti l’attività il padre di Alessia ha acquistato una casetta di legno su ruote dove vivere. «Per questo papà si è preso una denuncia e abbiamo speso ottomila euro per il ricorso al Tar che ha sospeso per due anni la rimozione, termine che sta scadendo, ora dobbiamo togliere la casetta» racconta  l’imprenditrice terremotata. Anche queste sono appendici di sisma e alta burocrazia, senza autorizzazione paesaggistico-ambientale non si può fare nulla sugli Appennini, men che meno se si è terremotati, scampati alla morte e decisi a voler ripartire e non lasciare il proprio paese. 

Nonostante tutte le avversità il caseificio è rinato nel maggio dello scorso anno, ricostruito «grazie anche a fondi privati». A Mosciano di Norcia si produce pecorino e ricotta e si imbustano cereali e legumi Igp coltivati nella piana di Castelluccio: lenticchia, farro, roveja (pisello selvatico), ceci, cicerchia. Ma non è più come una volta. «È dura - dice Alessia - prima vedevamo all’ingrosso ai ristoranti e negozi locali, ma dopo il sisma è quasi tutto fermo, la ricostruzione è lenta, le persone stentano a tornare, quest’anno sembra andare meglio, ma non è facile perché non ci sono abitazioni dove stare. Noi abbiamo deciso di aprire un punto vendita dei nostri prodotti e fare le fiere». Una scelta coraggiosa, rimanere nell’area del sisma, ricostruire un futuro dove la terra ha cercato di portarti via tutto, dove la vita si divide con gli altri e il paesaggio, calmo e silenzioso, ti resta sempre nel cuore.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA