India, saranno impiccati il 22 gennaio gli stupratori di Nirbhaya

India, saranno impiccati il 22 gennaio gli stupratori di Nirbhaya
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Martedì 7 Gennaio 2020, 19:33 - Ultimo aggiornamento: 19:40

Saranno impiccati gli stupratori e assassini della studendessa indiana. Il 22 gennaio sarà eseguita la sentenza di pena capitale per i quattro condannati per lo stupro che portò alla morte di Nirbhaya, la ventitreenne di Delhi violentata su un autobus il 16 dicembre del 2012. L'Alta Corte di Delhi ha deciso oggi la data dell'esecuzione. I quattro sono stati condannati in ultimo grado nel 2013, e nel 2017 la Corte Suprema ha rifiutato una richiesta di appello contro la condanna. Lo scorso dicembre uno dei condannati aveva presentato al Presidente indiano una richiesta di grazia, che è stata rigettata.  Sul patibolo saliranno quattro dei sei aggressori perché, nel frattempo, uno di loro è morto e l’altro, minorenne al momento del delitto, ha scontatotre anni in un

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Asha Devi, la madre di Nirbhaya (il nome, di fantasia, è stato scelto per il suo significato di «senza paura» ) ha detto che la condanna «restituirà alle indiane la fiducia nella giustizia». La studentessa di medicina venne assalita, violentata e torturata a Delhi da una gang di sei uomini che offrirono un passaggio su un autobus a lei e all'amico che la accompagnava la notte del 16 dicembre del 2012. Gettata dalla gang fuori dall'autobus dopo alcune ore di torture, la ragazza morì nella notte del 29 dicembre per le brutali ferite riportate. Il suo caso suscitò in India un'ondata di indignazione senza precedenti e portò il paese ad una inedita sensibilità nei confronti dell'enormità del fenomeno stupri e alla richiesta di sicurezza per le donne. Dei sei accusati, uno si suicidò in carcere prima della sentenza definitiva; un altro, minorenne, ha già scontato la condanna di tre anni in un riformatorio minorile ed è libero. Per gli altri quattro, dopo che la Corte Suprema nel 2017 ha rifiutato la richiesta di appello contro la condanna, e dopo che il Presidente ha rigettato, lo scorso dicembre, la domanda di grazia di uno di loro, resta un'ultima, remota possibilità, la cosiddetta «curative plea», una decisione benevolente a favore di un condannato, ammessa nel caso in cui si possa ritenere che la condanna costituisca una palese ingiustizia.

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