Fiorenza, 91 anni, prima donna pilota in Italia: «I colleghi non mi salutavano e io me ne fregavo»

Fiorenza de Bernardi, 91 anni, prima donna pilota in Italia: «I colleghi non mi salutavano e io me ne fregavo»
di Maria Lombardi
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Mercoledì 29 Maggio 2019, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 15:52
«Io sono qui e ci resto, quindi arrangiatevi». I colleghi piloti il primo giorno di lavoro nemmeno la salutarono. Una donna alla cloche in un volo di linea. Mai visto. «Facevano le facce strane e mi ignoravano. Li ho guardati e gli ho detto: tanto non me ne vado, vedete un po' che dovete fare. Vi conviene accettarmi, tanto io sto qui». L’ha ripetuto tante volte nella vita, Fiorenza de Bernardi, io qui sto e non me ne vado. «Anche quando mi guardavano male, diffidavano di me e delle mie capacità di guidare un aereo. Però, quanto mi sono divertita a sfidare i pregiudizi, a rompere gli schemi. Il segreto è fregarsene. Per andare avanti devi ignorare i sorrisetti e le battute».

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Quasi 7mila ore di volo, tre brevetti, comandante, prima donna a guidare un aereo di linea con la compagnia Airalpi. Adesso ha 91 anni, guida ancora la macchina e tutte le mattine alle 7,30 va all’aeroporto dell’Urbe. Tantissimi premi nella sua carriera, l'ultimo lo ritirerà il 5 giugno in Campidoglio: il Premio Simpatia. Figlia dell’aviatore e pioniere dell'aeronautica Mario de Berardi, ammirato anche da D'Annunzio (davanti al portone del palazzo dove vive c’è una targa che lo ricorda) Fiorenza è vissuta di volo. 
«Lui è stato il mio istruttore più severo. Devi saper atterrare anche senza strumenti, mi diceva, l'aereo devi sentirlo sotto il sedere» 



«Il primo brevetto l’ho preso nel 1951, poi sono diventata pilota di montagna. Mi ha dato delle emozioni bellissime. Una volta con un collega per il cattivo tempo siamo stati costretti ad atterrare sul ghiacciaio dell’Adamello. Per fortuna era bloccato lì, con il suo Piper e un allievo, anche Erich Abram, membro della spedizione sul K2 di Ardito Desio. Insieme ci costruimmo un igloo per la notte con i blocchi di neve. Certo che so anche costruire un igloo, i piloti di montagna devono saperlo fare». Poi il passaggio agli aerei di linea, era il 1967, e due anni dopo il comando con l'Aertirrena. «Fu il generale Garetto, capo dell’aviazione generale in Italia, a segnalarmi alla compagnia Airalpi. Il proprietario era perplesso. Garetto gli disse: fai come se fosse un uomo, o va o non va. Ed è andata bene. Quando mi chiesero se volevo una divisa con i pantaloni o con la gonna, scelsi la gonna: devono vedere da lontano chi sono. Non voglio nascondermi».



Tanti viaggi in giro per il mondo (ha pilotato il turboelica Twin Otter, il trimotore Yak-40 e il quadrimotore DC 8) e anche tante disavventure. «Una volta ero con mio padre, il motore si è piantato e siamo atterrati nel giardino dell’ambasciata russa, villa Abamelek, un quadratino di erba così. Non ci siamo fatti niente, mi si sono solo sfilate le calze. Un’altra volta sono finita con l’aereo in mare, a Venezia. Non si vedeva niente e abbiamo sbagliato pista. In quei momenti non pensi a niente, solo a quello che devi fare per salvarti. Il giorno dopo ci rifletti e dici: però, ieri potevo morire». Un incidente d'auto, nel 1985, l'ha costretta a mollare,
«purtroppo un muro non si è spostato e l'ho preso in pieno». Per i suoi 90 anni le hanno organizzato una festa al museo aeronautico di Vigna di Valle. Fiorenza vive sola, legge senza occhiali, spera che ad agosto le rinnovino la patente. «E come faccio ad andare all’Urbe senza macchina? Lì ci sono anche i miei gatti». Un bravo pilota? «Deve avere la capoccia. Io ce l’avevo».
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