Molestie per strada, il 58% delle vittime ha meno di 18 anni

Battute e fischi per strada, a Roma il 58% delle molestate ha meno di 18 anni
di Roberto Carvelli
6 Minuti di Lettura
Sabato 29 Febbraio 2020, 11:47 - Ultimo aggiornamento: 11:57

«E dalle macchine per noi i complimenti del playboy ma non li sentiamo più se c'è chi non ce li fa più» cantava Fiorella Mannoia in Quello che le donne non dicono, testo e musica di Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone. Era l'anno di grazia Festival di Sanremo 1987 e fu subito Premio della Critica. Ma siamo sicuri che, in barba a quello che dicevano le strofe dell'87, dalle macchine e, in genere, per strada, alle donne arrivino davvero complimenti? In genere, il catcalling - dall'inglese catcall, letteralmente richiamo del gatto ma tradotto comunemente come fischio - assomma tutti quei tentativi di attirare l'attenzione di una persona per strada con suoni e parole vari. Il fenomeno riguarda principalmente le donne. Anni fa delle ragazze con telecamere nascoste avevano messo a nudo il fenomeno dimostrando cosa vuol dire fare una passeggiata raccogliendo attenzioni moleste a ogni passaggio e smuovendo persino l'irreprensibilità dei picchetti militari.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

🇬🇧 Swipe to see the full story in English. . 🇮🇹 Scorri per vedere la storia completa in Italiano. . 🇬🇧 ”He forcibly kissed me on both cheeks” 44% of our submissions unfortunately come from tourists. We do realize Rome is a frequently visited city but it is absolutely appalling to us that people that should be enjoying themselves get catcalled that often. (We previously posted a video about this story, check it out!) • Were you ever catcalled in another city? . 🇮🇹 “Mi ha baciata di forza su entrambe le guance” Sfortunatamente il 44% dei messaggi che riceviamo viene da turist* (italian* e non). Capiamo che Roma sia una città molto visitata ma reputiamo assurdo il fatto che così tante persone in viaggio vengano molestate. (Abbiamo già postato un video su questa storia, dategli un’occhiata!) • Sei mai stat* molestata in un’altra città? . . . #chalkback#catcallsofrome#feminism#feminist#activist#equality#supportallwomen#womenrights#intersectionalfeminism#stopstreetharassment#stopcatcalling#catcalling#nomeansno#itsnotacompliment#harassment#chalkback#nomeansno#streetart#femminismo#nonèuncomplimento#molestia#stopmolestieverbali#bastamolestiesessuali#scratchthepatriarchy

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I video girati in tutte le città, anche a Roma, dimostravano che più del #metoo c'è un #ustoo. Il fenomeno è all'attenzione già da anni a New York dove è nato il primo gruppo catcall, una pagina che raccoglie e denuncia questa sottile forma di violenza. Anche a Roma da quasi un anno c'è un gruppo molto attivo su Instagram: Catcalls of Rome. La loro pagina conta migliaia di followers ma non è il solo gruppo italiano. Gruppi crescono e proliferano da Milano o Torino a Modica, seguendo una geografia di stili e modi diversi di rivolgersi al sesso femminile ma tutti con lo scopo di mettere in difficoltà ragazze per lo più giovani o giovanissime.
Le statistiche delle ragazze di questo gruppo social romano ci dicono, purtroppo, che il 58% delle chiamate le subiscono under 18 e, ben il 20%, riguarda quella fascia 0-13 che sogneremmo protetta da un minimo senso di attenzione.
Qualcuno pensa ancora, purtroppo, trattarsi di una leggerezza ma anche questo, va spiegato bene, non è così. Racconta Alessia, 19 anni, la fondatrice della sezione romana: «Quello che colpisce è proprio il dopo. Le ragazze che ci scrivono ci raccontano che dopo l'episodio capitatogli non sono più andate in quel posto, o non alla stessa ora o non sono più uscite dopo una certa ora o la sera dopo un certo orario. Una grave forma di limitazione delle libertà, se uno ci pensa. C'è una volontà di rimuovere - continua Alessia - pensando che dire ciao bella! o che bel vestito! sia un fatto normale. A me è capitato di essere stata fermata in tuta o senza trucco».

 






LE FRASI
Le denunce ad oggi (in meno di un anno e solo a Roma) sono 199 (di cui 91 pubblicate), il test dell'intervista è approfondito «i dati sono basati su dieci domande che sono state poste a tutte le persone che hanno denunciato una molestia». La notte è meno protagonista (15%) ma forse dipende dal fatto che le donne circolano di meno di sera perché non si sentono sicure. Registrare la pagina non è stato facile. «L'organizzazione mondiale - racconta ora Bianca che di anni ne ha 16 - per aprire la pagina ha richiesto una registrazione video e un personal statement come usa nel mondo anglosassone. Si voleva evitare che un malintenzionato, come capitato in Michigan, l'aprisse per offendere o adescare le ragazze. Anche questo non è così scontato». Bianca è una delle più attive nello scrivere e ci spiega come funzionano le scritte un po' situazioniste che forse qualcuno avrà incrociato per strada. «Scegliamo la frase centrale della molestia, la traduciamo in inglese e la scriviamo coi gessetti nel posto in cui è stata pronunciata». È un format? «In Germania lo fanno in tedesco, in altre parti d'Italia in italiano. Noi sempre in inglese perché molte delle molestie riguardano turiste. All'inizio mi vergognavo e avevo paura di scrivere per strada poi l'ho vinta».
I perché sono la cosa più difficile da raccontare: «Non sono una persona che si mette al centro - dice Alessia - Ma mi capitava spesso di essere offesa e all'inizio ho pensato che fossi io sbagliata, che dessi adito. Un giorno è capitata una cosa più grave e mi sono spaventata davvero. Poi ho visto la pagina New York City (le pagine sono 176 in tutto il mondo, ndr) e ho preso coraggio, superato la sofferenza e dopo è stato più difficile ignorare. Ora ho riscontrato che le persone ti commentano di più se sei al telefono e meno se ti guardi attorno, se sei attento. Lo fanno soprattutto se le vittime non possono reagire».
I protagonisti sono spesso uomini grandi, di frequente anziani. In Italia, le ragazze escono più allo scoperto, a Il Cairo è tutto più criptato.Quello che molte donne (e anche molti uomini) non sanno è che, negli anni, la Mannoia ha cambiato la frase del testo che recita «e se ci confondiamo un po'» perché vi leggeva un'ammissione di debolezza. Viene da chiedersi se non sia il caso di ripensare a quel modo, solo apparentemente galante, di riferirsi da una macchina a una ragazza. Non sempre complimentoso, a ben pensarci.
 

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