Una donna araba alla conquista di Marte: Sarah Al Amiri capo della missione "Speranza"

Una donna araba alla conquista del Pianeta Rosso: Sarah Al Amiri capo della missione "Speranza"
di Simona Verrazzo
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Martedì 21 Luglio 2020, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 16:47

Dopo due rinvii è partita ieri la sonda Amal, che vuol dire Speranza in arabo, in un lancio che è già entrato nella Storia, poiché prima missione interplanetaria di un paese arabo. Il primato spetta agli Emirati Arabi Uniti, che così entrano nella corsa verso Marte come Stati Uniti, Unione europea, Russia e India, per studiarne gli ancora numerosi misteri e, soprattutto, per capire se la vita umana vi sia possibile. I media internazionali hanno dato ampio spazio all'evento, un traguardo per una regione immensa che va dal nord Africa al medio oriente. E sono proprio i grandi canali all news a mettere in risalto una notizia nella notizia, quella che a guidare la missione sia una donna, Sarah Al Amiri, dettaglio che trasforma il lancio in un'impresa, per il contesto in cui si inserisce il lavoro di questa scienziata e il valore simbolico dell'iniziativa.







ENTUSIASMO
Rimandato due volte a causa del maltempo, il decollo della sonda è stato accolto con scene di giubilo nella piccola e ricca monarchia del Golfo. Ansia ed entusiasmo accompagneranno Amal per poco più di sei mesi, quando dovrebbe raggiungere l'orbita di Marte nel febbraio 2021, in occasione del 50° anniversario dell'unificazione degli Emirati. Un progetto che nasconde tante aspettative, affidate a Sarah Al Amiri. Classe 1987, la sua è una folgorante carriera nel campo della ricerca e anche della politica, facendola diventare a soli 30 anni ministro per le Scienze avanzate. Una vita che sembra una favola, ma dove la dedizione agli studi ha fatto la differenza, lontana anni luce dalla sfavillante Dubai con i suoi grattacieli e le sue boutique di lusso. Cresce in una famiglia normale, con influenze straniere ma perfettamente integrata, con il padre di origini iraniane, appartenente al popolo beluci.
Il suo amore per lo spazio nasce quando aveva 12 anni e vede un'immagine della Galassia di Andromeda, la più vicina alla Via Lattea. Comincia così a prendere informazioni: è il 1999 e allora gli Emirati avevano da poco iniziato ad avviare il loro programma di ricerca spaziale. «Mi dissero che stavano lavorando nel settore dello spazio ha raccontato intervenendo al TEDx Talk a Dubai E io avevo un sogno». Un sogno che è andato di pari passo con i suoi studi e con le ambizioni del governo di Abu Dhabi. Dopo laurea e master in Ingegneria informatica all'Università americana di Sharjah, Sarah si concentra sempre più sul mondo aerospaziale. All'interno dell'Emirates Institution for Advanced Science and Technology (EIAST) lavora al programma dedicato ai satelliti, il cui primo lancio risale al 2009, e nel 2016 partecipa alla nascita dello Space Science Mohammed bin Rashid. In poco più di un decennio gli Emirati si sono guadagnati un posto in prima fila nella conquista della spazio: una storia giovane, come lo è il regno e come lo è Sarah.







CONCORRENZA
«Siamo un nuovo paese ha spiegato intervistata dalla prestigiosa rivista scientifica britannica Nature che è in ritardo rispetto alla concorrenza nella prospettiva globale». Un ritardo colmato con investimenti milionari, che adesso hanno portato gli Emirati a essere leader nel mondo arabo nel settore aerospaziale. Coronamento di tanta passione è la nomina, tre anni fa, a ministro, proprio con l'obiettivo di far meglio conoscere le ambizioni stellari della monarchia, mentre la consacrazione internazionale arriva nel 2018, quando interviene al World Economic Forum a Davos (Svizzera). Ultima tappa è la sonda Amal verso il Pianeta Rosso, di cui Sarah è vice-project manager affiancando Omran Sharaf, ma soprattutto è direttore scientifico della missione, tanto da essere definita la mission leader. Costata circa 200 milioni di dollari (175 milioni di euro) coinvolgendo oltre 250 persone, realizzata in collaborazione con il Giappone che ha fornito la rampa di lancio nel centro spaziale sull'isola di Tanegashima, è stata fortemente voluta dal governo di Abu Dhabi e dal suo primo ministro, Mohammed bin Rashid Al Maktum, che è anche emiro di Dubai.

IL NOME
«Si chiama Speranza ha detto Sarah in fase di presentazione perché stiamo contribuendo alla comprensione globale di un pianeta». L'annuncio è stata l'occasione per mostrare al mondo il ruolo di mediatore tra culture diverse che da tempo gli Emirati Arabi Uniti stanno portando avanti. «Stiamo andando al di là delle turbolenze che stanno caratterizzando la nostra regione ha spiegato Sarah Stiamo contribuendo positivamente alla scienza». L'obiettivo scientifico principale della missione è quello di studiare la dinamica dell'atmosfera marziana sia nelle sue variazioni diurne sia nel trascorrere delle stagioni. L'esecutivo emiratino ha annunciato che i dati raccolti dalla sonda verranno immediatamente resi noti e saranno a disposizione di tutta la comunità scientifica internazionale.
Con Amal gli Emirati si presentano come un esempio per la scienza e anche per la società: in ogni occasione viene ricordato il grande contributo delle donne in questo progetto, che costituisco il 34% dell'intera missione e l'80% tra gli scienziati impegnati. Tra loro, oltre a Sarah, ci sono Fatma Lootah, ingegnere chimico che ha lavorato allo spettrometro a ultravioletti, e Muna al Hammadi, anche lei ingegnere, responsabile per la sicurezza e il collaudo dei macchinari.
 

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