Vittorio Colao, consigliere di Unilever: «Donne al vertice, scommessa vinta da top manager»

Vittorio Colao, consigliere di Unilever: «Donne al vertice, scommessa vinta da top manager»
di Marco Barbieri
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Domenica 12 Maggio 2019, 20:41 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 10:56
Una dimestichezza particolare nel valutare la qualità dei collaboratori l’aveva acquisita come capo del recruiting di McKinsey. Eppure la tappa professionale di Vittorio Colao nella prestigiosa società di consulenza è più comunemente associata alla prima frequentazione dei dossier riguardanti le telecomunicazioni e i media, che sono stati il pane quotidiano di gran parte della sua carriera di successo.
La capacità di selezionare e di decidere – doti attinenti anche alla sua formazione militare, figlio di carabiniere, ufficiale dei carabinieri lui stesso e alpino – è stata un viatico importante nella stagione di Omnitel. Seconda metà degli anni Novanta: la rivoluzione della telefonia mobile sta cambiando abitudini e business. Colao lascia McKinsey per imbarcarsi nella scialuppa più dinamica e innovativa nel mare delle nuove tlc. La storia di Omnitel Pronto Italia coincide con quella della nuova telefonia nel nostro Paese. Un’avventura imprenditoriale che delle start up che conosciamo oggi ha almeno una differenza: la dimensione. Ma di fatto l’Omnitel di Silvio Scaglia e di Colao è una start up a tutti gli effetti. E come tutte le start up ha bisogno di risorse umane, delle migliori, più dinamiche, più giovani, più flessibili. E molte sono risorse femminili.

LE SELEZIONI
«Se scegli il merito, almeno al 50% scegli una donna» commenta Colao. Non foss’altro per motivi statistici. E tra le assunzioni decise da Colao in Omnitel, in quegli anni di crescita e di successo, ci sono Laura Cioli, attuale ceo del gruppo Gedi (Espresso) già ad Rcs Mediagroup; Barbara Poggiali, ora capo cybersecurity di Leonardo; Angela Cossellu, ceo Zurich Connect Italia; Monica Possa, capo delle risorse umane di Generali; Silvia Candiani, ad Microsoft Italia; Margherita Della Valle, cfo Vodafone. Non sono tutte, ma bastano abbondantemente per dimostrare una tesi, banale, ma mai abbastanza ribadita: l’altra metà del cielo non ha nulla di meno. Anzi.
Ma non è che Omnitel fosse un ambiente immune dal virus della stupidità anti-femminile. Come accade spesso, la qualità dei luoghi dipende dalle persone. Un aneddoto raccontato da Colao aiuta a contestualizzare: «Quando ero ancora direttore generale di Omnitel un membro del cda se ne uscì così: certo che quando le donne ragionano hanno proprio un bel cervellino. Io replicai: molti uomini invece non ce l’hanno proprio, non ce l’hanno mai. Non mi feci un amico. Pazienza».
Ma sarebbe un errore pensare a Colao come a un Pierino contestatore, che ama andare controcorrente. Al massimo sulla corrente sa davvero correre, senza farsi travolgere, da amante del windsurf, anche se nel suo curriculum vitae si dichiara al proposito “semi-retired”. La sua scelta di scegliere spesso donne in azienda non è solo spirito di rottura. Anzi. «A Davos nel 2018, primo manager uomo a partecipare a un panel solo Lgbt, mi sentii dire da un dirigente trans cinese che per favorire l’inclusione non bisogna mettere le dita negli occhi, non bisogna provocare. Per cambiare ci vuole una nuova cultura e una nuova sensibilità. Si procede per piccoli passi, “nudges” diremmo qui a Londra, piccole spinte».
Le rivoluzioni dei costumi si fanno con pazienza e determinazione. Tra i tanti ricordi dei dieci anni trascorsi al vertice di Vodafone (2008-2018) Colao ne conserva uno riassunto in un istogramma, che indica la percentuale delle donne dirigenti nel gruppo, passata dal 23 al 31%. Dieci anni di “nudges” contro la diversità, a favore dell’inclusione; oltre che del business e del successo dell’azienda.
La discriminazione sofferta dalle donne nel mondo del lavoro non è molto diversa da quella esercitata per abitudini sessuali o per motivazioni etniche o religiose. Il “gender gap” è più forte in alcuni mercati, dove la scuola costruisce profili più o meno orientati al ruolo maschile. «Poco evidente nel mondo dell’editoria, almeno negli anni in cui l’ho frequentata io» rammenta Colao, ceo di Rcs tra il 2004 e il 2006: un mercato tradizionalmente maschile nei vertici della carta stampata, almeno fino agli anni Novanta, ma poi - forse anche grazie alla tv, più misurata e misurabile nelle performance di successo - più attento al merito, come tutti i mondi dove prevale la creatività e la ricerca dei talenti per costruire una sorta di star system.
Si pensi invece alle aziende nel settore dell’ingegneria; ma anche alla tecnologia: nella Silicon Valley non ci sono donne ai vertici aziendali anche perché sono poche quelle che lavorano nei settori high tech. Poi c’è la geografia a influenzare abitudini e costumi, con qualche sorpresa. Ci sono più donne dirigenti d’azienda nell’Est Europa che nell’Europa Occidentale; ci sono più donne manager nel Sud Europa che nel Nord Europa; più in Africa che in India. «Germania e India sono un problema anche in Vodafone, in relazione all’accesso per le donne in ruoli dirigenziali più alti». Colao ha nominato cinque donne ceo nel gruppo, per altrettanti mercati nazionali: Irlanda, Romania, Congo, Turchia ed Egitto.
«Le aziende diventano come delle ambasciate: non si provoca all’esterno, ma all’interno si vive secondo schemi e regole diverse, senza voler turbare nessuno», aggiunge il manager. E racconta che in molti Paesi arabi le donne arrivano velate in ufficio e poi lì si cambiano e mettono jeans e maglietta. La trasformazione inizia anche così.

L’INCLUSIONE
Ai successi manageriali Colao ha aggiunto numerosi riconoscimenti di “campione” dell’inclusione. È stato “impact champion” del progetto “HeforShe”, la campagna promossa dalle Nazioni Unite per la parità di genere. Ha ottenuto il premio Stonewall, l’organizzazione internazionale che promuove il movimento Lgbt. «Quando decidi di combattere le diversità, le combatti tutte. E passi dal ruolo di difensore della diversità a quello di promotore dell’inclusione», conclude Colao che, contrariamente alle previsioni, a 58 anni continua il percorso manageriale. Dopo essere stato vicepresident dell’European Roundtable of Industrialists, e dopo aver lasciato, un anno fa, il vertice di Vodafone, è oggi nel cda di Unilever e membro di quello dell’Università Bocconi, pronto alla nuova avventura nel board del colosso Verizon. 
 
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