Letizia Battaglia: «Donne, ribelliamoci: dobbiamo governare il mondo con gli uomini»

Letizia Battaglia: «Noi donne dobbiamo governare il mondo insieme agli uomini»
di Maria Lombardi
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Sabato 1 Febbraio 2020, 13:45 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 14:07

Voglio i capelli come nonna Letizia». I capelli rosa della bisnonna Letizia Battaglia: le gemelline sanno di osare, proprio come lei. La nonna dai capelli rosa. La guardano, intuendo quanta ribellione c'è in quella tinta bizzarra, da Barbie principessa e non da nonna. «E' uno schiaffo, è un affronto, è osare, sfidare. Le donne alla mia età avevano il tuppino e stavano curve, nessuno dava loro importanza se non per le ricette. Io a 85 anni sto lottando per avere una vecchiaia bellissima, potente. Abbiamo cose così forti dentro. Domani, domani, farò tante altre cose...». E non sarà il dolore alla schiena a fermarla, o quel torpore che lasciano gli analgesici. «La vita è bella lo stesso», e Letizia Battaglia, la fotografa che è leggenda (e non chiamatela fotografa di mafia, non le piace, lei è molto di più) vorrebbe che la sua fosse lunga «mille anni ancora, per lottare ed essere di sostegno al cambiamento».




Cambiamento verso cosa?
«Verso il potere delle donne. Abbiamo il dovere, non il diritto, di amministrare con gli uomini questa terra. Insieme a loro, a metà. Dobbiamo pretendere il nostro posto nella gestione del pianeta. Sono sicura che gli oceani non li riempiremmo di plastica e non faremmo diventare pazzi i pesci. Non voglio la guerra con gli uomini, dobbiamo lavorare insieme, fare insieme una battaglia culturale, e così superare i limiti di ciascuno. E invece vedo che le poche donne potenti si amalgamano al pensiero maschile per ottenere spazio».

Pensa alle quote rosa?
«Dobbiamo pretendere più delle quote rosa. Se servono, dove servono, possono andare bene. Ma non bastano. Dobbiamo andare nelle piazze, imporci, boicottare quei politici che ostacolano il cambiamento. Colpire l'immaginario del mondo. Ci siamo e devono sceglierci perché siamo brave. All'università siamo le migliori, alla guida siamo più prudenti e facciamo meno incidenti. Ma il mondo si è addormentato. Ed è proprio in questi momenti che bisogna accanirsi».

Cosa possono fare gli artisti per il cambiamento?
«Io credo molto nel pensiero artistico rivoluzionario. L'arte è legata alla fantasia del futuro. L'artista deve impegnarsi e lottare per un mondo che non soffra più. Non possiamo permettere che ci siano popoli sfruttati, bambini lasciati in mare a galleggiare. Il mondo a chi appartiene? A tutti».

Quale, tra le sue tante foto, la rappresenta di più?
«Sono tante, bastano per tanto tempo ancora, anche dopo la mia vita, a raccontare questi tempi. Scatto sempre, è una mania. Forse quella che mi rappresenta è la foto di una bambina con uno sguardo serio e grave. Prima o poi farò un libricino con le foto di bambine di 10 anni. Ci sono voluti 75 anni per incontrare la bambina che ero a 10».

E che bambina era?
«Molto vivace e seria, sognavo un mondo giusto, mi sentivo una comunista all'interno di una famiglia di democristiani. Ho sempre cercato la parità e la giustizia, non ho mai creduto nelle classi sociali».

Come vede le ragazze di oggi?
«Meravigliose e sole, quelle che incontro mi vedono come un miraggio: io, sono riuscita ad essere. Non hanno grandi modelli, circondate come sono da bamboline e donne rifatte».

Qual è il segreto per scattare foto che durano nel tempo?
«La foto deve contenere il mondo e l'anima di chi la fa. Come una poesia. Tanti fotografi anche di guerra sono riusciti a raccontare se stessi e il mondo. Io ho raccontato la guerra civile della mia città, Palermo. Mi sono sempre chiesta come mai lo Stato non riuscisse a sconfiggere la mafia: l'ho capito soltanto dopo, si era infiltrata nelle istituzioni. Il sud ha vissuto una solitudine enorme. Io ero in mezzo alla guerra, fotografavo la morte e nello stesso tempo cercavo la vita. Non mi sono mai piegata alla targhetta fotografa di mafia».

La sua vita e la sua carriera sono raccontate nel documentario Shooting the mafia di Kim Longinotto, in uscita a marzo. È stata tra i protagonisti del documentario di Maresco La mafia non è più della di una volta, premiato all'ultima mostra di Venezia, ha appena esposto a Milano le foto Storie di strada. Il prossimo progetto?
«Una mostra a Firenze, dal 7 marzo esporrò in una galleria d'arte foto di nudi. Racconto la grandiosità, la bellezza e la dolcezza del corpo femminile. Non sexy o in pose da modella. Una trentina di foto fatte dagli anni Settanta al 2019. C'è la ragazza così come la donna di 70 anni che mentre scatto dice sono bella così come sono. Le ho fotografate con solidarietà e rispetto. A un fotografo si deve sempre chiedere rispetto, lui deve nobilitare la verità. La fotografia è un atto meraviglioso, come fare l'amore. Ma con rigore e senza vanità».

Le ha scoperto la fotografia quasi quarantenne.
«Nella seconda parte del mia vita. Ero ancora sposata. Facevo analisi, grazie al mio terapeuta sono venuta fuori come una farfalla. Ho rinunciato ai soldi, alla tranquillità. E faticato tanto per la libertà. Adesso, a 85 anni, con tre figlie, 5 nipoti e tre pronipoti, avrei voglia di mare, di guardarlo in pace. Questo non lo posso fare, non ancora. Sapendo che non ho molto tempo, sento che devo continuare a creare bellezza».
 

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