Le donne di Teheran sfidano il potere religioso: «Basta hijab». Ma gli ortodossi chiedono pene esemplari

Le donne di Teheran sfidano il potere religioso: «Basta hijab». Ma gli ortodossi chiedono pene esemplari
di Alessandra Spinelli
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Lunedì 15 Luglio 2019, 16:21

Magari un semplice fazzoletto, annodato al collo, e per giunta dai colori sgargianti. Sono sempre di più le donne iraniane che a Theran cercano di abbandonare il velo hjiab, il velo imposto dopo la Rivoluzione Islamica del 1979. Certo, l'iniziativa non è senza pericolo, perché le guardie della morale sono sempre più attenti all'osservanza dei costumi in questi giorni in cui il Paese  sta toccando con mano la quotidianità della linea Trump, le sanzioni e l'accordo sul nucleare disdettato.
I FRONTI OPPOSTI
Sembra infatti come se, a fronte delle difficoltà, una parte della società si voglia ribellare all'oppressione sui costumi e un'altra invece spinga  proprio per farli rispettare nella maniera più ortodossa, arrivando anche a  esaltare il chador. Una polarizzazione del dibattito. Da una parte c'è Minoo Aslani, leader femminile del gruppo Basij che l'altra settimana aun convegno frequentato da moltissime donne in chador ha tuonato: «Più donne in abito apertamente sessuale, meno avremo la pace sociale. Il velo volontario non esiste, è un complotto da parte del nemico
». Dall'altra parte c'è invece la riformista Parvaneh Salahshouri: «Quello che vediamo è che la moralità di polizia è stata un fallimento ma in questa situazione è difficile cambiare la legge. Le donne dovrebbero farsi forza e praticare la disobbedienza civile», ha detto recentemente in un'intervista Salahshouri, che comunque è coperta dalla testa ai piedi, con un doppio fazzoletto sui capelli  che lascia scoperto solo il viso. 
La lotta contro l’obbligo di portare il velo era deflagrata due anni fa quando a dicembre durante una manifestazione di piazza una donna aveva sventolato il suo hjiab. Una quarantina di persone erano state arrestate: nove sono ancora in carcere come ha raccontato Masih Alinejad, attivista che sostiene la lotta contro l'obbligo del velo mettendo in rete numerose testimonianze di donne iraniane e che ora vive a New York. Nonostante i tentativi di mettere a tacere i manifestanti, il dibattito pubblico si era intensificato, amplificato dai social media. Ad esempio il mese scorso un video ha mostrato un agente di sicurezza afferrare una ragazza senza velo, un'adolescente, e spingerla violentemente sul retro della macchina della polizia, sollevando un vespaio di polemiche. D'altra parte il Presidente Hassan Rouhani e la guida suprema dell'Iran l’Ayatollah Ali Khamenei, hanno sostenuto più volte un atteggiamento più morbido verso le donne che non rispettano il codice di abbigliamento. Gli estremisti, divenuti più attivi in questi mesi di proteste contro Trump, hanno richiesto invece dure punizioni per chi mostra i capelli sostenendo che svelarsi porta alla decadenza morale e alla disgregazione delle famiglie. Così la magistratura ha recentemente invitato gli Iraniani a informare le donne sui rischi che corrono.

VOGLIA DI LIBERTA'
Eppure a Teheran specie nella zona commerciale, come ha raccontato un servizio dell'Associated Press, decine di ragazze sfidano il potere del clero musulmano sciita e della sua polizia: senza velo tra i negozi, al lago, nell'hall di un hotel.  Molte altre donne hanno invece optato per sciarpe colorate e drappeggiate. Sempre nella capitale,  il Grand Bazaar, frequentato da molte donne tradizionali, la maggior parte delle signore cercano queste copricapi casual accanto ad altre coperte con il chador.
La controversia sul velo risale alla metà degli anni 1930, allora la costrinse le donne a togliersi i hijabs, una misura che faceva parte dell'Occidentalizzazione del Paese decisa dall'allora Scià Reza Pahlavi.  Un recente sondaggio, richiesto proprio dal parlamento, ha indicato come le donne al limite sono disposte a indossare fazzoletti colorati e solo il 13 % opterebbe per un chador.

 

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