Laura, la mamma di Ostia in guerra con gli assistenti sociali perché non le tolgano il suo bimbo

Laura Massaro in un sit in
di Franca Giansoldati
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Sabato 9 Novembre 2019, 19:07 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 09:12

L'Associazione delle Assistenti Sociali del Lazio si scaglia contro la mamma di Ostia che da sola e senza appoggi si sta battendo come una leonessa per impedire che i servizi sociali le possano togliere il suo bambino di 9 anni, visto che è stata accusata di alienazione parentale dal Tribunale di Roma. Una storia straziante (soprattutto per il piccolo, costretto da due anni a prendere pasticche per la pressione alta, esattamente come fa il nonno) ma soprattutto una storia quasi kafkiana. 

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«E’ gravissimo che una visita domiciliare, programmata in una situazione di tutela di un minore su mandato del Tribunale sia stato letteralmente sabotato attraverso la presenza di operatori dell’informazione che si sono prestati alle richieste della madre Laura Massaro aderendo alle sue posizioni» ha tuonato Patrizia Favali, presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali del Lazio in un comunicato stampa diffuso all'indomani del mancato blitz per portare via il piccolo dalla madre Laura Massaro.



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Due assistenti sociali ieri si sono recate a casa Massaro per prelevare il piccolo ma vedendo che ad attenderle c'era una selva di giornalisti e telecamere sono scappate a gambe levate, anche per non essere riconosciute. 

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Il caso giudiziario di Laura è stato raccontato nei minimi dettagli dai mass media sin dall'inizio, da quando la donna ha iniziato a protestare, fare sit in e lanciare appelli al Ministro della Giustizia per fare conoscere all'opinione pubblica la sua desolante via crucis. Tutto è scaturito da una separazione complicata e violenta, dove l'ex marito è stato anche denunciato per stalking.

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Il piccolo vive in uno stato di continua ansia. Nonostante la mamma sia stata riconosciuta dal tribunale una brava madre, amorevole e abile, è stata ugualmente accusata di alienazione parentale. A dare un giudizio negativo nei suoi confronti sono stati gli psicologi. Tanto è bastato  per avviare la micidiale procedura che, almeno in questo caso, riesce a mettere a repentaglio la serenità del bambino che vive l'angoscia di essere sottratto all'ambiente famigliare in cui vive.

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Gli assistenti sociali di Roma, nella nota diffusa in serata, hanno affermato che i giornalisti non dovevano essere sul posto, negando di fatto il loro diritto-dovere di fare informazione. «Taccuini e telecamere non hanno consentito alle due assistenti sociali incaricate di seguire il caso di operare nelle indispensabili condizioni di tranquillità e serenità proprio per affrontare al meglio le paure del bambino, di cui riferisce la madre stessa», ha detto Favali.

«Trattare vicende tanto delicate, come questa, senza ricostruire un quadro completo, è fuorviante e non è utile nè per i bambini né per le loro famiglie e rischia concretamente di mettere in pericolo anche l'incolumità dei professionisti coinvolti, descrivendoli all'opinione pubblica come figure negative» ha concluso la presidente degli assistenti sociali del Lazio.




 

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