Edith Gabrielli: «Castel Sant'Angelo riavrà il suo parco per le sere d'estate»

Edith Gabrielli: «Castel Sant'Angelo riavrà il suo parco per le sere d'estate»
di Laura Larcan
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Sabato 1 Febbraio 2020, 14:09

Si dice che il punto più bello di Castel Sant'Angelo sia la terrazza che abbraccia tutta Roma. «I turisti vengono qui per scattarsi un selfie. Ma il Castello è bello anche dentro, con le sue infinite storie. Le mie sale preferite sono quelle decorate dal maestro liberty Duilio Cambellotti. Pensi di aver capito tutto di questo monumento, ma qui ti accorgi di dover ricominciare da capo». Edith Gabrielli guida il museo di Castel Sant'Angelo dal 2015. Romana, storica dell'arte, tanti anni in soprintendenza a Torino («mi chiamavano torinese de Roma»), poi la nomina al Polo museale del Lazio. Elegante, mai banale, nell'ambiente è famosa per essere «risoluta».

Una lunga carriera da donna a curare il patrimonio. Quanto conta questa femminilità?
«Ho riservato la femminilità alla vita privata: sono moglie e mamma di due figli, uno è già all'università. Nel lavoro ho puntato sui valori, sulla professionalità. Se c'è forse un approccio femminile è nella volontà di portare le cose fino in fondo».

Un patrimonio complesso, quello di Castel Sant'Angelo: c'è un progetto che le sta a cuore e con cui vorrebbe lasciare il segno?
«Valorizzare tutto il grande parco esterno al monumento in una gestione integrata e condivisa con il Comune di Roma. Il modello di collaborazione tra Ministero dei beni culturali e Campidoglio per il progetto dei Fori uniti ha funzionato e si potrebbe immaginare di adattare a Castel Sant'Angelo uno schema simile di sinergia tra il nostro monumento e i giardini intorno, in modo da recuperare un rapporto naturale e una lettura storica del contesto, che ora si perde completamente. Si è lavorato molto bene per l'area archeologica centrale, perché non replicarlo qui, ragionando insieme su una soluzione condivisa? Le potenzialità sono enormi. Penso ai giardini, ai fossati, ai muraglioni, ai tunnel, che manterrebbero la loro vocazione pubblica e potrebbero diventare luoghi per fare tante iniziative. Durante le giornate, ma anche le sere d'estate».

Un progetto rivoluzionario. Lancia la proposta alla sindaca Virginia Raggi?
«Al momento è un'ipotesi di lavoro che potrebbe facilmente diventare operativa visto che ministero e Comune già collaborano su tanti fronti».

Castel Sant'Angelo si conferma nel 2019 al quinto posto nella classifica nazionale dei musei più visitati d'Italia. Qual è la forza attrattiva?
«La sua singolarità. È un monumento unico, stratificato dall'antichità al contemporaneo. Noi siamo partiti proprio da questa sua unicità, puntando a svelarne tutte le storie. Con un'app in sette lingue consentiamo oggi di far questo viaggio».

Cinque anni di direzione. Proviamo a tracciare un primo bilancio?
«Un bilancio positivo, i nostri questionari parlano di alto indice di gradimento. Il pubblico è cresciuto del 20 per cento, da 1 milione a 1,2 milioni, e gli introiti sono raddoppiati da 5 a 10 milioni. Dati importanti, frutto di un metodo di intervento progressivo su progetti credibili di eventi e mostre. Castello ha la capacità di attrarre tutti i turisti di Roma, non a caso amplieremo il numero di lingue nell'accoglienza. Ma la scommessa non sono solo loro, l'obiettivo è di portare tanti romani a riscoprire Castello. I romani sono abituati a confrontarsi con la sua mole inserita nel paesaggio urbano. Vengono qui in gita scolastica e poi basta. La sfida è farli tornare».

A cosa pensa per rafforzare questo legame?
«A offrire un viaggio nella complessità di questo monumento, con una sorpresa continua. Abbiamo aperto in modo stabile tutti i suoi ambienti, anche quelli chiusi da anni. Dalle prigioni alle olearie, dalla Cagliostra alla Stufetta. Fino alle Sale di Cambellotti. Castello è complicato, noi abbiamo voluto prendere per mano il visitatore e accompagnarlo».

Per questo le piace puntare sulla contaminazione, con il teatro e la musica e le aperture serali d'estate?
«Castello è un monumento millenario, siamo abituati a vederlo come il mausoleo di Adriano e la fortezza dei papi, ma ha anche un'anima contemporanea. Noi siamo andati dietro al monumento, non lo abbiamo voluto appiattire nel suo passato, ma abbiamo lavorato per valorizzare il palinsesto della sua storia. La contaminazione tra le arti ha dato i suoi frutti. E su questa strada continuiamo per il nuovo anno».

Cosa possiamo aspettarci?
«Due progetti per tutti. La tutela, con il nuovo piano di conservazione programmata appena approvato, che vedrà in campo specialisti sulla manutenzione e restauro. E la valorizzazione, con la grande mostra che si aprirà a giugno sulle tre città del Gotico: Roma, Napoli e Avignone. Sarà una rassegna che indaga questo momento storico creativo tra la fine del 300 e il 400, mettendo in luce i rapporti tra le città. Lavoreremo con importanti istituzioni francesi».
C'è tanta letteratura su Castel Sant'Angelo. Può ancora riservare sorprese?
«C'è tanta letteratura, ma che spesso si ripete. E ci sono margini di novità, soprattutto nelle carte d'archivio. Per questo abbiamo progetti di ricerca e approfondimento».
 

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