Il giudice Daria de Pretis: «La parità di genere è un atto di giustizia»

Il giudice Daria de Pretis: «La parità di genere è un atto di giustizia»
di Franca Giansoldati
5 Minuti di Lettura
Sabato 29 Giugno 2019, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 15:42

Ride quando ripensa che nelle riunioni le è persino capitato di essere scambiata per la segretaria del rettore. «Signorina mi scusi...». E invece era lei il Rettore dell'università di Trento. Daria de Pretis, 62 anni, è una delle tre giudici della Corte Costituzionale chiamata cinque anni fa a ricoprire questo incarico. Nel film Viaggio in Italia girato nelle carceri italiane è rimasto impresso quando, ad un tratto, mentre dialogava con le detenute, ha azzerato di colpo la distanza abissale tra istituzioni e persone, abbracciando una carcerata. In quel momento c'erano solo due donne, accomunate dalla medesima speranza, migliorare la condizione femminile.

Il film choc sulle carceri italiane dove la giudice donna della Consulta abbraccia la detenuta

Lei ha detto che la presenza di tre donne ai vertici della Consulta non ha affatto un valore soltanto simbolico...
«E' una questione che riguarda tutti i posti di lavoro dove prima non c'erano donne. Io l'ho sperimentato quando ero rettore. Alle riunioni tra rettori ero forse l'unica. Le donne sono portatrici di un modo diverso di vedere le cose, di discutere, apportano alle strutture capacità inclusiva, minore competitività. Mostrano uno sguardo che agli uomini sfugge. Naturalmente noi donne portiamo anche la nostra esperienza e le nostre storie. Il che significa anche una maggiore attenzione a determinati temi giuridici».

Una sentenza della Consulta del 1963 ha permesso alle donne di entrare in magistratura, prima era loro vietato. Oggi sono il 60 per cento ma ai vertici del Csm sono ancora carenti, come se lo spiega?
«Stiamo camminando, la strada si sta facendo. E' solo un fatto di tempo. La stessa cosa accade nelle università. Le donne professore ordinario sono una percentuale bassa, rispetto ai gradi più bassi. Il fatto è che i meccanismi che prevalgono ancora sono quelli della cooptazione. In genere gli uomini scelgono gli uomini, e così accade anche nella selezione degli uffici giudiziari direttivi».

In questi ultimissimi anni che cosa ha apportato la Corte in termini di uguaglianza di sessi?
«Secondo me una sentenza che ha fatto bene alle donne è quella sulla legge Gelmini sul reclutamento universitario vietato a persone imparentate nella stessa struttura. Si era discusso se anche il coniugio rientrasse in questo quadro e alla fine la Corte ha dato un'interpretazione della legge nel senso di escludere un simile divieto. Sarebbe di fatto discriminatorio per una donna - che già parte svantaggiata non essere reclutata in una struttura dove c'è il marito. In genere sono gli uomini ad avere posizioni più alte rispetto alle mogli. Non accade il contrario o è molto raro. Un altro intervento riguarda i meccanismi di favore per le donne nei sistemi elettorali a proposito delle preferenze di genere. Le cosiddette azioni positive».

Che cosa ne pensa della legge Golfo Mosca, ora alla camera si stanno facendo le audizioni perchè la si vorrebbe rinnovare...
«In generale le leggi che portano azioni positive, cioè quelle che favoriscono le donne all'inizio della gara vanno guardate positivamente anche SE il movimento femminista le critica dicendo che così si creano le riserve indiane. Personalmente sono favorevole a queste azioni positive perché vanno a rompere un monopolio che altrimenti, senza un intervento forzato, difficilmente si spezzerebbe. Penso che debbano essere provvisorie ma è innegabile la loro bontà. La legge Golfo-Mosca per esempio ha cambiato la situazione nei Cda di tante aziende».

Servono per spezzare una prerogativa...
«Ci sono ambienti che non cambieranno facilmente perché sono retti dal meccanismo della cooptazione, chi decide fa parte dello stesso gruppo; per questo se non si interviene con il meccanismo forzato dall'esterno le cose sono destinate a restare come sono. IO L'ho sperimentato nell'amministrazione dell'università, aiutando le donne a crescere. Visto che che l'università finanzia i singoli dipartimenti ho fatto passare una regola che premiava l'ingresso delle donne perché costavano meno. Era un modo per aiutarle a superare la barriera della cooptazione. Il fatto è che quando si mette una persona in un posto, di primo impatto vengono in mente solo uomini, perché sono più bravi ad auto-promuoversi. Il segreto è farsi venire in mente delle donne».

L'Assemblea Costituente aveva 21 donne che lavorarono attivamente alla Carta, scrivendo le basi per una parità effettiva tra i sessi. 75 anni dopo siamo qui ancora a parlare di come rendere attuale la Costituzione in certi campi. Non le sembra che stiamo andando indietro?
«Si va avanti piano. Naturalmente tutto è suscettibile di regressione, non bisogna mai dare nulla per scontato. Dove la selezione è tecnica, le donne vanno bene, ma dove funziona ancora il meccanismo di cooptazione, la componente maschile ha la meglio. Si tende a scegliere il proprio simile. Così nella politica, chi fa le liste pensa alle persone simili, e così nei cda, nelle università e cosi' via. In ogni caso il clima sta cambiando, se ora si fa un convegno e non c'è una donna al tavolo dei relatori tutti lo notano, è considerata una maleducazione».

Lei vede il rischio di una regressione nei diritti acquisiti per la parità?
«Il tema vero è quello del lavoro, di cura della famiglia, del padre o della madre anziani. Tutto è ancora sulle spalle delle donne. Non andare avanti nella strada dei servizi sociali implica una regressione perché questa condizione finisce per relegare le donne ad una sola dimensione e le spinge fuori dal mercato del lavoro. Quante sono le donne che dopo il primo figlio lasciano il lavoro, quelle che se si ammala qualcuno, sono costrette a scegliere e scelgono loro stesse di lasciare il lavoro? Quando penso all'articolo 3 della Costituzione che dice di rimuovere gli ostacoli per una effettiva parità, penso a queste situazioni concrete, la vita di ogni giorno, le scelte anche dolorose che tante donne sono costrette a fare».

Pensa che sia più difficile giudicare gli uomini o le leggi?
«Per mia buona fortuna non ho mai giudicato nessuno.»
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA