In Italia, il 19 giugno 2013, dopo l'approvazione unanime del testo alla Camera, il Senato ha votato il documento con 274 voti favorevoli e un solo astenuto.
La Convenzione riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. Ne consegue che gli Stati sono ritenuti responsabili se non garantiscono risposte adeguate per prevenire tale violenza.
Si tratta del primo trattato internazionale contenente una definizione di genere che propone una distinzione tra uomini e donne non più unicamente basata sulle loro differenze biologiche, ma concepita anche secondo categorie socialmente costruite, che assegnano ai due sessi ruoli e comportamenti distinti. Gli studi hanno dimostrato che certi ruoli e comportamenti possono contribuire a rendere accettabile la violenza sulle donne.
La Convenzione individua una serie di nuove tipologie di reato, quali le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato, gli atti persecutori (stalking), l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata. Gli Stati dovranno pertanto introdurre nei loro ordinamenti nuove e importanti fattispecie di reato che ancora non erano contemplate nei loro sistemi giuridici.
La convenzione di Istanbul viene considerato il trattato internazionale di più ampia portata per affrontare questa grave forma di violazione dei diritti umani. Si propone di conseguire l’obiettivo di tolleranza zero verso questo tipo di violenza e costituisce un ulteriore significativo passo avanti per una migliore sensibilizzazione a tale problema e per rendere più sicura la vita delle donne all’interno e all’esterno dei confini europei.
La Convenzione protegge le donne e le ragazze, indipendentemente dalla loro origine, età, razza, religione, ceto sociale, status di migrante o orientamento sessuale, per non citare che alcuni esempi. Riconosce inoltre che ci sono gruppi di donne e di ragazze più esposte al rischio di subire violenze, e che gli Stati hanno l’obbligo di garantire che siano presi in considerazione i loro bisogni di particolare protezione. Gli Stati sono inoltre incoraggiati ad applicare la Convenzione ad altre vittime di violenza domestica, come i bambini, gli uomini, le persone anziane.
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