Cassazione, Margherita Cassano: «Io prima presidente aggiunto, ma non dovrebbe fare notizia» `

Cassazione, Margherita Cassano: «Io prima presidente aggiunto ma non dovrebbe fare notizia» `
di Michela Allegri
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Giovedì 16 Luglio 2020, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 17:59

La nomina è avvenuta praticamente all'unanimità: il Csm volta pagina ed elegge con tutti voti a favore i nuovi vertici della Cassazione, già designati dalla Quinta commissione di Palazzo dei Marescialli. Pietro Curzio, giuslavorista barese di 67 anni, da 13 in Corte Suprema, che prende il posto di Giovanni Mammone - in pensione tra due giorni - come primo presidente della Cassazione. «Saprà svolgere l'impegnativo incarico con consapevolezza e lungimiranza, contribuendo a promuovere quel rinnovamento di cui vi è necessità da tutti avvertita», dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il presidente aggiunto della Suprema Corte è invece Margherita Cassano, 64 anni, al vertice della Corte di Appello di Firenze, in magistratura dal 1980, che riceve parole di apprezzamento dai colleghi e anche da decine di avvocati. È la prima volta che una donna magistrato arriva così in alto. «Non dovrebbe nemmeno fare notizia la nomina di una donna», commenta lei, forse consapevole che tra tre anni, quando Curzio andrà in pensione, potrebbe prendere il suo posto.

Il presidente Mattarella ha insistito sulla necessità di rinnovamento nel Csm e nella magistratura. Il riferimento è al periodo difficile attraversato dalla categoria, dopo l'inchiesta sul pm di Roma, Luca Palamara, che come un terremoto ha travolto Palazzo dei Marescialli e anche la stessa Cassazione. Cosa pensa?
«Condivido pienamente le parole del Capo dello Stato, sono convinta che la stragrande maggioranza dei magistrati svolga con impegno, passione e serietà un lavoro in cui crede profondamente. Le parole del presidente della Repubblica sono uno stimolo per impegnarsi, per rendere davvero giustizia ai cittadini, che poi è quello che la magistratura deve fare in tutti i processi, da quelli più importanti a quelli apparentemente minori».

La categoria deve ancora riconquistare la fiducia dei cittadini, incrinata dagli scandali?
«Sicuramente la nostra immagine adesso è appannata, ma la migliore risposta è dimostrare con il lavoro la fedeltà ai doveri costituzionali. Per quanto riguarda l'inchiesta, mi auguro che i fatti vengano accertati nelle sedi competenti e penso che possa esprimere un giudizio solo chi ha studiato a fondo le carte processuali».

Qual è una delle doti più importanti di un magistrato?
«Il rispetto del tempo degli altri e soprattutto l'empatia, la capacità di cogliere le sfumature e i drammi nella vita delle persone».

Quali sono oggi i problemi della magistratura?
«Sicuramente dal punto di vista pratico mi auguro che arrivi a conclusione al più presto l'iter di aumento della pianta organica, con più risorse da dislocare sul territorio nazionale. La responsabilità delle riforme appartiene agli organi costituzionali, ma è fondamentale l'interlocuzione con il Csm. E il dialogo con la magistratura deve essere preventivo, nel rispetto dei ruoli. Il magistrato non è un legislatore, ma può dare un contributo tecnico con la sua esperienza, quindi è importante che venga ascoltato. Bisogna anche tenere conto del fatto che i tempi stanno cambiando, la mentalità dei cittadini sta cambiando».

In che senso?
«Penso all'importanza delle procedure di mediazione, che consentono in moltissimi casi di risolvere le controversie prima che generino un processo e che possono riabituare le persone al confronto e al dialogo, invece che allo scontro. In Toscana, per esempio, abbiamo avuto un'esperienza molto soddisfacente in questo senso, avvalendoci del mondo universitario».

È la prima volta che una donna arriva a ricoprire una carica così prestigiosa in seno alla Cassazione. Pensa che le donne siano considerate ancora troppo poco all'interno della categoria?
«Per il futuro mi auguro che non faccia più notizia la nomina di una donna, quello sarà un effettivo momento di parità. La categoria, comunque, è costituita per il 50 per cento da colleghe, ma l'approdo in Cassazione è anche legato a un fatto anagrafico: ricordiamo che le donne sono entrate per la prima volta nella magistratura nel 1965, mentre il primo concorso risale al 1963».
 

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