Assorbenti tassati al 22%, la protesta delle donne

Assorbenti tassati al 22%, la protesta delle donne
di Franca Giansoldati
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Sabato 18 Maggio 2019, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 17:56


ROMA Che usino «coppette mestruali». In alternativa, per spendere e inquinare di meno, alle donne non resta che affidarsi ai pannolini di lino, ingombranti teli non inferiori al mezzo metro quadrato, oggetti ormai totalmente ignoti alle Millennials benché usati dalle loro nonne e bisnonne durante il ciclo. Ogni volta le pezzuole venivano poi bollite nei pentoloni di rame con sapone di Marsiglia, per diverse ore, al fine di renderle sterili e di nuovo riutilizzabili per il mese successivo. La decrescita felice del governo gialloverde prevede anche questo bizzarro escamotage, ritenuto persino ecologico e sostenibile se non addirittura - una valida alternativa agli assorbenti, non conta se interni o esterni.

Iva sugli assorbenti, D'Uva: «Inquinano, le donne usino i pannolini lavabili»

La cosiddetta «tampon tax» resterà così invariata nonostante le proteste diffuse, e non scenderà al 5% (anche se per i beni di prima necessità è al 4%). Il capogruppo grillino alla Camera, Francesco D'Uva, ha spiegato in televisione questo passaggio provocando una immediata ondata di sdegno, in pratica le donne potrebbero utilizzare pannolini lavabili e coppette di silicone per la raccolta del sangue mestruale al fine di non inquinare il pianeta (anche queste però con l'Iva al 22%). Persino Giorgia Meloni si è infuriata: «D'Uva chieda a Grillo di cambiare chip sottopelle: quello che gli hanno installato è evidentemente guasto». Sul web nel frattempo si è scatenata una onda sbigottita di ragazze, associazioni femminili, signore, professioniste, praticamente tutte unite a sottolineare il paradosso: che la maggior parte degli uomini neanche riesce a pronunciare la parola «mestruazioni» a voce alta in una stanza, poi però decide senza indugi quali assorbenti vanno usati e quanto vanno fatti pagare. Insomma un movimento trasversale e diffuso, espressione di smarrimento per l'ennesimo atto imposto senza tenere conto delle esigenze femminili, marcando l'ennesima differenza di genere. Le ragioni di questa incapacità di ascolto hanno una genesi piuttosto banale. Soldi e coperture finanziarie. Il solito incubo.
 



L'abbassamento dell'Iva era stato introdotto da una richiesta del Pd che - nonostante vari sostegni trasversali - si è dovuta scontrare con l'incubo dei conti pubblici che non tornano. L'emendamento era contenuto nel decreto sulla Semplificazione Fiscale, discusso alla Camera martedì scorso e Lega e 5 Stelle si sono subito dovute compattare per non toccare la «tampon tax». I conteggi che sono stati fatti e che poi hanno indotto i tecnici a suggerire di lasciare le cose invariate indicavano un minore introito di gettito fiscale. Nelle casse dello Stato sarebbero entrati 300 milioni di euro l'anno. E anche se l'Iva fosse stata portata invece che al 5% al 10% per cento, il gettito sarebbe stato di 212 milioni di meno. Troppo per andare avanti vista la congiuntura economica difficile. Purtroppo questa imposta non tiene conto del fatto che i tamponi assorbenti (così come le coppette mestruali di silicone) restano dei beni necessarie visto che le donne non scelgono di certo di avere il ciclo, è un evento fisiologico e naturale.

MOVIMENTO
E gli altri Paesi in Europa? La situazione è a macchia di leopardo anche se il Parlamento europeo ha richiamato gli stati membri ad inserire i tamponi igienici nella fascia dei beni necessari e quindi di eliminare le imposte che ancora gravano (il testo chiede esplicitamente agli stati di eliminare la tampon tax). Ancora una volta in troppi Stati la direttiva resta lettera morta. Se in Irlanda non ci sono tasse, in Francia sono al 5%, in Belgio al 6% come in Portogallo mentre in Germania, e nei Paesi del Nord, l'aliquota è più salata, fino al 25%. Nel mondo il movimento della tampon tax preme da tempo perché sia riconosciuto dagli Stati la differenza biologica della donna, considerando che le mestruazioni occupano un quarto della loro vita, dalla pubertà alla menopausa. Senza tenere conto che non tutte le donne possono permettersi di comprare degli assorbenti. La cosa buffa è che il primo paese ad abolire le tasse su questi prodotti è stato il Kenya nel 2004.

 

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