Alcol in quarantena, allarme per le donne: 2 milioni e mezzo a rischio

Alcol in quarantena, allarme per le donne: 2 milioni e mezzo a rischio
di Maria Lombardi
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Sabato 13 Giugno 2020, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 14:09

Le giornate senza fine dentro casa. Un bicchiere mentre si cucina, e poi l'aperitivo in chat, la bottiglia a tavola la sera, l'ultimo sorso davanti alla tv. Un po' brilli su TikTok, tanti video comici sulla quarantena movimentata dalle bollicine, #babysaysno è stato un tormentone, il no all'acqua, ovviamente. E su Facebook girava l'immagine di una fila di bottiglie con la scritta: «Aprile. Non è un mese, è un consiglio». Si è bevuto tanto, nei mesi blindati, e sui social si rideva dei bicchieri di troppo. Per alleggerire ansia e solitudine, per sentirsi meno giù. Il salone è diventato un bar, l'appuntamento con lo spritz replicato più volte al giorno. In lockdown, secondo l'Istituto Superiore di Sanità, i consumi di alcol sono aumentati dal 180 al 250 per cento. Le donne - addicted in numero sempre maggiore - hanno esagerato e risentiranno di più delle sbornie in isolamento. L'organismo femminile - come sottolinea anche l'Oms - è più vulnerabile di quello maschile agli effetti dell'alcol.


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LA SALUTE
«Le donne sono meno resilienti alle sostanze alcoliche e hanno la metà della capacità degli uomini di eliminarle», Gianni Testino è il presidente della Società italiana di Alcologia e primario del reparto dipendenze ed epatologia della Asl3, presso l'ospedale San Martino di Genova. «Per sviluppare la cirrosi epatica una donna deve bere la metà di quanto beve un uomo». Questione di acqua, che aiuta a dissolvere l'alcol (il corpo femminile ne ha di meno) e di metabolismo.
Ecco allora che il lockdown alticcio può avere conseguenze gravi sulla salute. «Già si parte da una situazione di criticità. Due milioni e mezzo di italiane, ossia il 9% della popolazione, è a rischio di malattie psicofisiche legate al consumo di alcol: si tratta di persone che bevono più di due unità al giorno, oltre il limite accettabile», spiega il professor Testino. «Nel periodo della quarantena si sono azzerati i casi di intossicazione acuta tra giovani e gli incidenti stradali legati all'abuso. Ma il consumo in generale è cresciuto decisamente». E chi era uscito dalla dipendenza è tornato indietro, bruciando il lavoro anche di anni. «Il numero delle ricadute severe, in questi mesi, è aumentato del 15%. Tanti pazienti non si sono fatti più sentire da chi li aveva in cura. Un silenzio angosciante che è stato per noi un grido di allarme. Li abbiamo richiamati tutti». In Italia sono tra gli 800mila e il milione gli alcol-dipendenti. «Molte donne che consumavano alcol in modo rischioso in questo periodo sono diventate alcoliste. In reparto sono già arrivate quindici nuove pazienti. Un altro fenomeno di cui abbiamo la fondata percezione è che siano aumentate le violenze psicologiche e fisiche nei confronti delle donne dipendenti. In un momento di fragilità sono state più esposte ai maltrattamenti».
Sono 17mila ogni anno i morti a causa dell'alcol, un quarto è rappresentato da donne. Quella che era già un'emergenza, con i mesi di isolamento, si è aggravata. E si vedranno con il tempo le conseguenze. Le donne impiegano un tempo più limitato dell'uomo per diventare alcoliste - avvertono gli esperti - e si ammalano più rapidamente (conseguenze al fegato, al cuore e alla psiche). «Ma non c'è la consapevolezza del danno, l'alcol è considerato un compagno piacevole e amichevole - aggiunge Testino - un qualcosa di positivo». Tanto tempo in casa, l'ansia e la depressione in agguato, il bicchiere come cura. «L'alcol è il primo psicofarmaco che l'essere umano ha imparato a utilizzare, ormai da millenni. È euforizzante e diminuisce ansia e tensione», Stefano Oliva è psichiatra e psicoterapeuta, vicepresidente della società di alcologia della Lombardia. Salvo poi risvegliarsi il giorno dopo con lo stesso nodo alla gola e ancora più depressi.
Il bicchiere mandato giù, spesso, senza farsi scoprire. In solitudine e con i sensi di colpa. «Le donne tendono a farne un abuso nascosto», dice Monica Letta, psicoterapeuta, docente di scuola di specializzazione dell'Aisfi. «Il comportamento è diffuso, ma continua ad essere esposto a un giudizio sociale decisamente più pesante di quello riservato all'equivalente comportamento maschile. E così le donne si rivolgono ai centri di cura meno degli uomini, nel Lazio il 30% contro il 70%. Una conferma della natura sommersa del fenomeno. La pandemia ha aumentato la vulnerabilità di tutto il mondo femminile, delle mamme come delle single. E di conseguenza si è intensificato il consumo di alcolici». Si è tanto parlato di mamme sotto stress tra smart-working e figli a casa, di lavoratrici in ansia per la crisi. Ma della solitudine delle donne che hanno affrontato la quarantena senza nessuno in casa non ci si è preoccupati. Per tante l'alcol è stato l'unico conforto.

LA NEGAZIONE
E così da due bicchieri si è passati a più, senza quasi farci caso. Che sarà mai? Negando, nella maggior parte dei casi, che della bottiglia non si può fare a meno. «L'uso dell'alcool come autocura - aggiunge Letta - può avere tante sfumature e tante finalità, a seconda della struttura psichica dell'individuo. Può essere un veicolo di accesso alle emozioni più problematiche, ma può essere usato anche per produrre uno stato di obnubilamento della coscienza e una fuga dalla realtà». Già prima del lockdown i dati segnalavano un'impennata dei consumi: oltre il 20% tra gli alcolisti è donna, il numero dei ricoveri delle etiliste è triplicato negli ultimi anni. Sempre più chiamate al Telefono Verde Alcol 800-632000, dell'Istituto superiore della Sanità.
E le ragazze? Esagerano esattamente quanto i ragazzi. Il primo bicchiere anche a 11 anni. Secondo il Primo Rapporto alcol e salute della Regione Lazio del 2019, non vi sono differenze di genere per quel che riguarda gli eccessi, il cosiddetto binge drinking, l'equivalente dello sbronzarsi. «Se c'è un'area in cui la parità è stata raggiunta, è quella dei comportamenti a rischio», spiega Letta. E non è certo una conquista.
 

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