L'interrogatorio del pentito: «La mafia a Viterbo voleva usare pure le bombe»
Oggi la sorella ha preso coraggio e ha scritto una lettera in cui racconta di come sia cambiata la vita di tutta la sua famiglia. Un inferno. «Ho dovuto diventare improvvisamente adulta quel maledetto pomeriggio. Ho visto morire mio fratello tra le nostre braccia, con lo sguardo ormai perso nel vuoto. Quegli spari mi rimbombano nelle orecchie e la faccia dell'assassino mi compare davanti ogni notte, io sono morta in quel momento, noi siamo morti, completamente».
Poi l'accusa. «Condanno lo Stato e chi lo rappresenta ai vertici - ha aggiunto Benedetta Parretta - per il modo in cui siamo trattati noi le 'vittime invisibili': due anni di assurdo silenzio. Vedo mia madre battersi con quella forza che non ha piu' per reagire alla violenza piu' grande che una donna puo' subire, veder uccidere il proprio figlio per colpire te ed il tuo lavoro e i tuoi valori. L'ho vista salvare tante Donne in associazione, usciva di notte, si organizzava con l'equipe di salvataggio, e le portava tante volte a casa nostra. Estranee con minori, che vivevano a nostre spese. Per giorni e a volte settimane, finche' non trovava un posto dove poter essere al sicuro. Mia madre mi ha insegnato il coraggio l'amore verso il prossimo e la legalita'»
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