Maria Antonietta Rositani: «Bruciata dal mio ex e tradita dallo Stato: ho paura che esca dal carcere e mi uccida»

Maria Antonietta Rositani: «Bruciata dal mio ex e tradita dallo Stato: ho paura che esca dal carcere e mi uccida»
di Maria Lombardi
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Sabato 23 Maggio 2020, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 10:31

«Muori mi, urlava. E mi buttava benzina addosso. Muori. Io correvo, mi strappavo i vestiti, sentivo il calore forte forte, mi bruciava il viso. Non muoio, gridavo, devo tornare dai miei figli. Ricordo la paura e il coraggio. C'era una pozzanghera, il giorno prima aveva piovuto, e mi sono buttata lì. Grazie a quella pozzanghera sono viva».

Maria Antonietta Rositani da quanti mesi è in ospedale?
«Ormai da 14 mesi, per un anno sono stata ricoverata all'ospedale di Bari, dalla fine di marzo sono tornata nella mia città, Reggio Calabria. I dolori sono ancora forti, bisogna accettarli. Ho subito più di 20 interventi e ancora sarà lunga. Le ferite sulle gambe non si sono chiuse e dopo tanti mesi a letto devo imparare di nuovo a stare in piedi. Non so come ce l'ho fatta a superare questo calvario. Ringrazio Dio che mi ha aiutata e non mi ha voluta da lui».

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Ha ancora paura?
«Non è facile togliersi le paure. La mia paura è che Ciro Russo, il mio ex marito, viene condannato a pochi anni, esce dal carcere e mi ammazza. Oppure che mi manda qualcuno in ospedale».

Cosa è successo la mattina del 12 marzo 2019?
«Ciro è evaso dai domiciliari a Ercolano, dove vive la sua famiglia. Era stato condannato dal tribunale di Reggio Calabria a 3 anni e 2 mesi per le violenze contro di me e mia figlia. Quella mattina ha rubato la macchina al padre, ha comprato 5 bottiglie di benzina ed è venuto sotto casa mia, a Reggio. Sono uscita ad accompagnare i miei figli a scuola, lui ha cominciato a telefonarmi e offendermi. Mi ha seguita e alle 8,45 in via Frangipane, mi ha speronato. Mi ha stretto al muro e ha dato fuoco alla macchina. Quando ho visto le fiamme dal radiatore, mi sono fatta coraggio e sono uscita dal lato del passeggero, dove c'era lui. Mi ha versato la benzina addosso. Mentre bruciavo ho chiamato la polizia: venite, mio marito mi sta ammazzando. Se avessero ascoltato mio suocero che alle 8,05 di quella mattina ha denunciato ai carabinieri di Ercolano l'evasione di Ciro non sarei qui. Lui li aveva avvisati: mio figlio è scappato per andare dalla moglie, le farà del male. E questa era la quarta denuncia. Bastava una telefonata a Reggio per fermarlo».

Quali sono state le altre denunce?
«La prima è stata il 20 dicembre del 2017. Lui mi ha picchiata e ha dato uno schiaffo a mia figlia. Quando ho visto il sangue sul viso di Annie ho preso la decisione. Quello schiaffo è stato tutto per me, mi ha aperto gli occhi. Lui mi dava le botte, mi chiamava puttanazza, ma io gli volevo bene, sono stata una disgraziata. Ci sputava, a me e a Annie. Ero plagiata, pregavo che cambiasse. Quel giorno sono andata a denunciarlo ai carabinieri. Poi sono tornata a casa, e ho fatto finta di niente. Pensavo: se lo scopre, mi ammazza».

E cosa è successo dopo la denuncia?
«Non è successo niente. La denuncia è rimasta nel cassetto. Il 5 gennaio 2018 mi ha di nuovo picchiata. Annie ha chiamato mio fratello Danilo: papà, sta ammazzando mamma. Quando è arrivata la polizia, io ero sul letto e lui mi menava. Lo hanno arrestato e poi rilasciato con un'ordinanza di restrizione: non poteva avvicinarsi a casa. Ma lui non l'ha mai rispettato il divieto. Così lo hanno messo ai domiciliari, ad Ercolano. Ha continuato a telefonare, a scrivere messaggi su whatsapp, a perseguitarmi anche su Facebook. L'ho denunciato altre due volte. La quarta è stata quella di mio suocero».

Suo marito in carcere, lei in ospedale. Con chi stanno i suoi figli e cosa le dicono?
«Annie adesso ha 20 anni: piango mio padre come morto, dice. William ne ha 11 e non parla del padre. Vivono con la mia famiglia. E non abbiamo avuto nessun aiuto finora dalle istituzioni. Non sono stata ascoltata e adesso mi sento anche abbandonata. Il risarcimento non lo vedremo mai, lui risulta nullatenente. Un anno di ospedale a Bari ci è costato molto, mio padre e mio fratello erano sempre lì, abbiamo fatto debiti. Quando ero in Rianimazione sono venuti a trovarmi l'onorevole Cannizzaro e l'onorevole Carfagna. Ho una grande rabbia. Io credo nello Stato. Ma una risposta me la devono dare: perché le denunce sono state ignorate? Adesso sono paralizzata in un letto e questo non è giusto».

Cosa si aspetta dal processo che sta per iniziare?
«Il tentato omicidio andrebbe considerato come un omicidio. Al processo lui racconterà le solite barzellette: che non voleva ammazzarmi, ma solo spaventarmi, che l'ha fatto perché non accettava di essere stato lasciato. E mi brucia viva solo per spaventarmi? Non si è mai pentito. Io ho fiducia nella giustizia ma si deve assicurare alle donne che subiscono violenza, la tranquillità, bisogna dare a loro la forza per denunciare proteggendole. Non possono vivere con il pensiero che quello esce dal carcere e le ammazza. Il mi sento fortunata ad essere ancora viva».
Maria Antonietta due giorni fa è stata di nuovo operata d'urgenza.

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