Le donne sarde fra Ottocento e primi Novecento: "fashion addicted" all'avanguardia

Modelli donne sarde fine Ottocento
di Maria Serena Patriarca
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Martedì 25 Agosto 2020, 09:08

Raffinate, leziose, eleganti, maliziose. Se lo stereotipo nell’immaginario collettivo le tramanda nel loro lato più austero e ancestrale, vestite con i tipici costumi tradizionali del paese di provenienza, in realtà le donne sarde nella storia hanno coltivato anche un altro aspetto che nel vestire, ispirandosi specialmente alla moda parigina, le vede sofisticate, cosmopolite, ricercatissime nel dettaglio e negli accessori più di tendenza.

La mostra

L’ALTrA MODA – Vestire in Sardegna fra il 1810 e il 1930, nel piccolo borgo di Tresnuraghes presso il Museo Casa Deriu nel cuore della Planargia sarda, ne è la prova. Un evento inedito che ripercorre, con oltre 30 abiti e capi originali, la storia della moda d’oltremare in Sardegna fra i primi anni del XIX secolo, quando a fare la parte del leone nell’abbigliamento erano le linee sobrie ed eleganti dello stile impero. La stragrande maggioranza degli abiti e degli accessori in esposizione sono relativi alle donne, e sono stati forniti dalle famiglie della zona compresa fra Bosa, Tresnuraghes e Cuglieri per testimoniare quanto le proprie nonne e bisnonne ci tenessero ad essere “glamour” nelle occasioni importanti: come il teatro a Cagliari o Sassari, a cui si andava in carrozza, o le feste private. Naturalmente stiamo parlando di famiglie “altolocate” dell’epoca, le cui signore sono state pioniere in Italia dei nuovi trend che arrivavano da Parigi.

 
 



Visitare la mostra è come fare un viaggio virtuale attraverso il gusto e l’emancipazione femminile in una società, come quella sarda, essenzialmente rurale e pastorale, dove però sempre ha imperato una forte componente matriarcale: a qualsiasi livello sociale, infatti, la donna è sempre stata sovrana indiscussa della casa, dell’educazione dei figli e dell’economia domestica. Di sala in sala si arriva agli anni Venti del Novecento, quando l’abbigliamento di classe si aprì alle masse e gli abiti diventarono il segno di una modernità che era alle porte. Un’evoluzione che passa per tutto l’Ottocento, spaziando dalle voluminose crinoline della metà del secolo agli abiti sfarzosi e ricercati della Belle Epoque, fino ai primi decenni del nuovo secolo quando le forme si rendono sempre più misurate ed equilibrate. E' come se Tresnuraghes e i paesi della Planargia diventassero idealmente piccole capitali della moda, vetrine di confezioni provenienti dalle principali sartorie ottocentesche di Sassari, Cagliari, Torino e Parigi. Non a caso dalla Capitale francese vengono ordinati accessori come calzature sfiziose di seta, ventagli, cappellini piumati, ammirati sulle riviste di moda di quegli anni.

Le elites

La mostra,  partendo dal rapporto fra la città di Bosa e il territorio circostante, analizza in senso più ampio la situazione della Sardegna di questo periodo, che si proietta in parte verso l’esterno e dall’esterno acquisisce nuovi orizzonti, stili e mode. Gli abiti esposti provengono da alcune importanti famiglie, nobili e borghesi, appartenenti alle elites rurali di Bosa, Cuglieri, Tresnuraghes ed altri luoghi della Sardegna. Proprio le antenate di queste famiglie utilizzavano gli stili di vestire più legati alla moda d’oltremare che in questo periodo giunge in Sardegna attraverso la classe politica dominante e viene diffusa dalle riviste illustrate. Questi capi d’abbigliamento fungono anche da modello per lo sviluppo successivo del vestiario storico popolare, del quale il Museo ha acquisito contemporaneamente alcuni esemplari della Planargia. Molto belli i corpetti in velluto nero finemente ricamati con i motivi sardi beneaugurali delle pavoncelle, risalenti ai primi dell’Ottocento, mentre andando avanti nel tempo le forme degli abiti diventano più “vezzose” e vaporose, trionfo di sete, copricapo e crinoline, pur tenendo fede, in casa, all’abitudine di vestire più sobrie con capi di cotone essenzialmente bianchi. Man mano che dall’Ottocento si transita nel Novecento l’abbigliamento sardo femminile risente anche di tagli sartoriali, decori e intarsi che rievocano i nuovi mondi, e l’Oriente in particolare, con colli alla coreana, microventagli di piume per il teatro o l’Opera e stivaletti da teatro in seta. L’ultima sala, trionfo del colore nero, di frange e lustrini, è un omaggio all’eleganza Liberty, compresa la microborsa in maglia con allegato il taccuino per annotare i pretendenti al ballo. Come dichiara Giovanna Fais, i cui “ricordi” della nonna tresnuraghese, Francesca Athene Fais, sono esposti alla mostra: “mia nonna amava a tal punto lo stile francese dell’epoca da farsi ricamare sulle federe del corredo di nozze la scritta Toujours Unis”. Questo la dice lunga su quanto le donne sarde dell’alta società, pur nel loro apparente isolamento geografico, fossero attente alle influenze e alle tendenze del resto dell’Europa. La mostra, che durerà fino al 31 dicembre 2020, ha attirato già un folto pubblico di visitatori italiani e stranieri (tedeschi e francesi in particolare) ed è patrocinata dalla Regione Sardegna; è curata da Pier Tonio Pinna e Antonella Unali e annovera collaborazioni con alcuni studiosi di storia e storia della moda, e con diverse realtà scientifiche e culturali della Sardegna, come l’ISRE di Nuoro, all’avanguardia nella ricerca sulla storia e l’etnografia della società sarda.
Info: http://www.museotresnuraghes.it
 

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